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I Cosacchi: il Caldo Popolo che Viene dal Freddo

Creato il 08 gennaio 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine
I Cosacchi: il Caldo Popolo che Viene dal Freddo

Che in questo periodo dell’anno Bologna sia una città in cui il freddo la fa da padrone è cosa nota a tutti. Non si può però negare che la cornice non sia quella adatta per recarsi al Teatro Duse e godere di uno spettacolo di sicuro appeal: I Cosacchi del Don, per le coreografie di Nonna Gepfner e la regia di Yuri Golodniuk. Del resto, le temperature di questa stagione, nei loro valori minimi, sempre a ridosso, e spesso anche al di sotto, dello zero, sono il viatico giusto per immergersi nelle tradizioni e nella cultura di un popolo che viene… dal freddo: i cosacchi, appunto. Fin da piccolo, incuriosito dalle letture di romanzi come Michele Strogoff, La figlia del capitano, Il dottor Živago e dalle loro trasposizioni cinematografiche, ho sempre avuto particolare simpatia ed interesse per la cultura dei cosacchi, popolo nomade che ha scritto la storia nelle lande della sterminata Russia, partecipando a guerre e rivoluzioni in cui si è sempre coperto di gloria. L’ensemble de I Cosacchi del Don è il più importante corpo di ballo russo di cosacchi fin dal 1985 e nel 2000 ha ricevuto la designazione, assai ambita, di “Statale”, per il suo grande contributo alla diffusione della cultura cosacca nel mondo. Accompagnati dal vivo da un’orchestra che s’avvale degli strumenti della tradizione musicale russa (flauto, tromba, trombone, fisarmonica, domra, balalaika, percussioni e balalaika basso), una ventina tra uomini e donne si esibiscono in una serie di performance che riscaldano non poco l’ambiente con gli astanti che seguono l’azione con un convinto battimano.

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Quel che colpisce da subito lo spettatore è la ricchezza dei costumi, che, figlia della tradizione, prevede che gli uomini indossino abiti caratterizzati da dettagli tipici delle divise dei guerrieri: casacche variopinte, alte cinture e mantelle di velluto con preziosi decori; è invece un caleidoscopio di colori sgargianti ad avvolgere le donne in vesti ricamate a mano con pregiati filati, a coprirle con foulard e copricapo fantasiosi, impreziosendone le figure con nappe di seta e tintinnanti monetine. A fine rappresentazione si conteranno più di una dozzina di cambi d’abito, sempre nel pieno rispetto dell’eleganza, del buon gusto e della fedeltà alla tradizione iconografica. Lo spettacolo vuol essere l’appassionato omaggio ad un mondo, quello quasi eroico dei nomadi cosacchi, che, nonostante le dominazioni, cui spesso è stato assoggettato, è stato sempre in grado di salvaguardare la propria cultura e le proprie tradizioni, intrise di onore, valore e libertà; il tutto attraverso una danza in cui la tradizione guerriera si sposa con la musica popolare in una riuscita mescolanza che dà vita ad un’esperienza artistica ricca di passaggi acrobatici che portano il pubblico al più sincero entusiasmo. Nel corso della serata si alternano dunque danze di guerra, marziali e solenni, e passaggi più leggeri, momenti di grande atletismo, con acrobazie ai limiti del credibile, e momenti di grazia ed eleganza, in quel giusto mix in grado di soddisfare tutti i palati. Alla fine gli scroscianti ed infiniti applausi fotografano alla perfezione il gradimento suscitato da questo spettacolo così diverso ed originale, ma allo stesso tempo così caldo e passionale.

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Gli scatti inseriti nell’articolo sono stati gentilmente concessi dal Teatro Duse di Bologna


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