I costi del calcio, quello “vero”

Creato il 05 settembre 2012 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

Troppo spesso noi tifosi, nell’andare a caccia di informazioni economiche e finanziarie sul calcio, ci dimentichiamo del calcio “vero”, quello che parte dalla base, quello che costituisce la linfa per la crescita sportiva dei futuri (pochi) campioni.

Recentemente, ho avuto la possibilità di fare una chiacchierata telefonica con un allenatore di Serie A. Uno di quelli che ha fatto tutta la trafila: giocatore, allenatore giovanili, allenatore in Lega Pro, in B e poi in A (in squadre medie e grandi). Uno di quelli che il calcio,  l’ha vissuto dall’interno, a tutti i livelli.

Alla mia domanda su quale fosse il principale problema del nostro calcio dal suo punto di vista (cioè tecnico) non ha avuto dubbi nell’indicarmi il progressivo impoverimento della “base vera” del calcio, costituita da migliaia di piccole squadre dilettantistiche, serbatoi per le formazioni giovanili delle squadre professionistiche.

Guardi le formazioni primavera delle squadre di Serie A e di Serie B“, mi ha detto. “Guardi se e quanti nomi di ragazzi italiani ci sono“.  Il Mister non è ovviamente contrario alla ricerca di talenti anche all’estero, ma è comunque critico rispetto all’eccesso di esterofilia che ha preso il nostro calcio. Le ragioni? Tante. Alcune si possono dire, altre intuire.

Il 27 agosto è apparso sul sito Linkiesta un’intervista di Paolo Stefanini al presidente della Lega Nazionale Dilettanti, Carlo Tavecchio. L’articolo può essere letto al link, qui ne riportiamo alcuni passaggi significativi.

Come presidente dei dilettanti sono orgoglioso del fatto che nelle nostre serie le società hanno bilanci con regole civilistiche e devono rispondere alle normali dinamiche del mercato: reggersi in piedi da sole; far quadrare i conti con la pubblicità, gli sponsor e le modeste entrate delle biglietterie e della cartellonistica. Ci sentiamo la parte sana del calcio. Il mondo sta andando sempre più verso una frontiera netta tra professionisti e non professionisti: la serie A deve ridimensionarsi un po’ ed evitare le follie finanziarie degli ultimi anni, e può stare in piedi. Noi siamo abituati da sempre a farlo.

(…)

Noi invece riceviamo solo 10 milioni dalla mutualità dei diritti televisivi. Per migliaia di squadre.

Solo in serie D sono 166. E poi ci sono tutte le serie minori: circa 500 società in Eccellenza, 1.100 in Promozione, 2.000 in Prima categoria, 4.000 in Seconda e 6.000 in Terza. E poi il calcio a 5, il beach soccer e il calcio femminile… Insomma, sotto la Lega Nazionale Calcio Dilettanti abbiamo 15mila società. E, attenzione: ogni società ha una media di sei squadre (i vari settori giovanili). Quindi abbiamo oltre 70mila squadre e un milione e quattrocentomila calciatori. Per ogni giocatore che va in A ci sono 12mila aspiranti. E il lavoro di maturazione, di formazione, ricade sul calcio dilettantistico, ben più che sulla B e sulla Lega Pro. Cade insomma sulla federazione numericamente più grande, che non prende soldi dall’alto e si sostiene da sola.

(…)

La soluzione secondo lei qual è?
Come ho detto: nel prendere atto che stiamo andando verso una più netta divisione tra professionisti e non. E puntando alla sostenibilità economica dei vari campionati e a un sistema non più assistenzialista; finalmente senza provvidenze. Non crediate che per i dilettanti non ci siano costi. Per una squadra, una stagione in serie D costa tra i 400 e i 600 mila euro, con punte “particolari” di un 1 milione. (…)  Quanto a un campionato di Eccellenza costa sui 300 mila euro, uno di promozione 200mila, la Prima categoria 120-130 mila, la Seconda 80 mila, la Terza 50mila.

(…)

D: Quindi voi vi sentite colpevolmente dimenticati…
Faccia un po’ lei. Per quanto riguarda i diritti tv di Rai Sport, che trasmette alcune partite di D, prendiamo una somma ridicola: neanche 500 mila euro all’anno. Ma dobbiamo accollarci noi i costi della produzione televisiva, quindi ci andiamo poco più che in pari. Dall’alto – come detto – arrivano le briciole. Siamo snobbati. Eppure, secondo uno studio fatto dal Sole 24 Ore, il calcio dilettantistico italiano muove un giro d’affari di un miliardo e mezzo di euro all’anno. Molto di più di quanto dà la somma di svariate federazioni di sport professionistici.

(…)

Dobbiamo investire sui giovani per il futuro. E dobbiamo dimostrare che se non si vive al di sopra delle proprie possibilità, ce la possiamo fare. Nel calcio e non solo.

Formare un calciatore costa. Tanti soldi.

Se avete voglia di farvi un po’ di “sangue marcio”, andate a comprare il libro “Pallone Criminale“, editore Ponte alle Grazie, scritto di Gianluca Ferraris e Simone de MeoTrovate la recensione anche su questo sito.

Ci sono un paio di capitoli semplicemente agghiaccianti sulle dinamiche delle infiltrazioni criminali già a livello dilettantistico e rispetto alla crescita sportiva degli atleti.


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