Una denuncia sempre più forte si leva in Iraq contro la massiccia presenza iraniana. Una denuncia che non ha spazio, come tante altre cose, sui media italiani, ma che e’ portata avanti da leader iracheni sciiti (come il Vice Presidente iracheno, lo sciita Ayad Alawi), Sunniti e soprattutto curdi. Nonostante la collaborazione militare contro Isis, la presenza iraniana in Iraq – e particolarmente nel Kurdistan Iracheno – sta diventando sempre più insostenibile. I Pasdaran lo sanno e per questo cercano di applicare localmente il famoso motto del “dividi et impera“, cercando alleanze con i vari e numerosi leader curdi e con le (assai divise) fazioni politiche. Partiamo pero’ dall’informazione più rilevante: 30000 soldati iraniani sarebbero oggi in Iraq, infiltrati nel Paese sotto la scusante della lotta contro Isis.
La denuncia, come suddetto, arriva da fonti curde, direttamente implicate nella politica della capitale Baghdad. A rilevare il peso della massiccia presenza iraniana nel vicino Iraq e’ stato Shakhawan Abdullah, nientemeno che il capo della Commissione Sicurezza e Difesa del Parlamento iracheno. Secondo Abdullah, quindi, la presenza di Teheran e’ andata ben oltre i “semplici: advisers militari, ma migliaia di Pasdaran sono stati infiltrati in Iraq travestiti da miliziani delle Forze Popolari di Mobilitazione, una milizia sciita finanziata e addestrata dall’Iran (con un totale di 100.000 combattenti).
Peggio, sembra proprio che – come avviene in Siria - l’Iran sta cercando di eliminare i leader politici curdi che si stanno opponendo alla presenza dei Pasdaran. Tra questi, a quanto pare, il primo bersaglio sembra essere diventato proprio il Presidente del Kurdistan iracheno Barzani. Secondo quanto rivelato dal quotidiano londinese Sharq al-Awsat, da Salih al-Qalab – un ex funzionario della sicurezza giordana – ci sarebbe stato un incontro tra il Generale Qassem Soleimani e diversi leader curdi dell’Unione Patriottica Curda (PUK). Soleimani avrebbe chiesto ai leader del PUK di avviare una campagna contro Barzani allo scopo di screditarlo ed estrometterlo dal potere. All’incontro sarebbe stato presente anche Kosrat Rasul Ali, Vice Presidente del Kurdistan iracheno, che avrebbe rifiutato di sostenere il progetto di Soleimani.
Vogliamo ricordare che proprio Barzani, e’ stato tra i primi leader in Iraq a denunciare il massiccio uso da parte del Governo centrale di Baghdad delle milizie sciite nella guerra contro Isis. Denunciando l’uso settario della forza, Barzani ha concluso la sua intervista con la BBC con questa perentoria affermazione: “Noi dobbiamo combattere tutti insieme Isis. Se pero’ la vendetta, la rivalse settaria, religiosa o etnica accadrà, ciò diventerà un problema ben più grande di Isis“. Non e’ un caso infatti che, sulla sponda americana, il Generale Petraeus ha intravisto proprio nell’influenza iraniana in Iraq il problema strategico principale degli Stati Uniti nel lungo periodo.
Concludiamo con un articolo pubblicato proprio oggi, 23 marzo 2015, dall’agenzia di stampa EKurds. Si tratta di un pezzo molto importante, perché scritto da Mustafa Hijri, attuale leader del Partito Democratico del Kurdistan Iraniano (PDKI), un movimento politico da sempre perseguitato nella Repubblica Islamica. A proposito del PDKI, vogliamo ricordare la strate di Mykonos del 1992, ovvero l’attentato organizzato dal regime iraniano a Berlino all’interno del ristorante Mykonos. Si tratto’ di un attacco in cui vennero uccisi senza pietà quattro attivisti curdi-iraniani: Sadegh Sharafkandi, Fattah Abdoli, Homayoun Ardalan e il loro traduttore Nouri Dehkordi. Quell’attentato, per la cronaca, fu ordinato direttamente da Ali Khamenei e l’allora Presidente iraniano Rafsanjani.
Mustafa Hijri denuncia i veri obiettivi che l’Iran ha in Iraq. Denunciando l’infiltrazione dell’intelligence iraniana all’interno di Daesh e la liberazione pianificata di molti estremisti sunniti dalle carceri irachene da parte dell’ex Premier al Maliki (poi finiti all’interno di Isis), Mustafa Hijri distingue tre obiettivi iraniani in Iraq: 1- evitare la nascita di Iraq federale politicamente stabile ed economicamente forte; 2- impedire la creazione di un sistema democratico in Iraq, pericoloso nell’ottica politica interna dell’Iran; 3- evitare ogni possibile sviluppo politico della regione del Kurdistan iracheno, un modello che potrebbe portare all’autodeterminazione dei curdi iracheni e iraniani.
Considerando il ruolo che i curdi hanno oggi nella lotta contro il fanatismo religioso in Medioriente e l’importanza dell’azione che i combattenti Peshmerga svolgono contro Isis (benedetta dall’Occidente), sarebbe opportuno prestare molta attenzione a queste denunce di infiltrazione iraniana in Iraq (e oltre). Come abbiamo spesso detto, pensare di sottovalutare l’imperialismo iraniano in nome della guerra – giustissima – al salafismo, rischia di avere degli effetti devastanti di lungo periodo su tutta la concezione geopolitica mediorientale.