di Geraldine Brooks
Voto: 7 e 1/2/10
Far tornare un libro così com’era quando è stato creato, anche se fosse possibile, sarebbe una grave mancanza di rispetto per la sua storia. Credo che sia giusto accoglierlo così come lo si è ricevuto dalle generazioni passate, perché i danni che ha subito a causa degli uomini e del tempo fanno parte della sua storia. Per me, il compito del restauratore consiste nello stabilizzare il volume, in modo da consentirne la lettura e lo studio. Le riparazioni vere e proprie devono essere effettuate solo se sono assolutamente necessarie.
(Pagina 27)
Hanna
Hanna è una restauratrice di libri antichi, molto brava nel suo lavoro anche perché lo ama moltissimo. Così pur non essendo molto coraggiosa non può lasciarsi sfuggire l’occasione di lavorare sulla haggadah di Sarajevo anche se questo significa recarsi nella città dove fino a pochi giorni prima imperversava la guerra. La haggadah è un libro liturgico della tradizione ebraica, e quella di Sarajevo è particolarmente importante perché ricca di immagini: nell’epoca a cui risale i testi ebraici ne erano privi perché erano considerate un’idolatria dalla fede giudaica.
Attraverso le scoperte di Hanna compiamo un viaggio a ritroso nel tempo e conosciamo la storia di questo libro prezioso non solo per il suo indubbio valore materiale e artistico.
Davvero una bella idea quella della Brooks di narrare una storia che ha per protagonista un libro. E molto bello anche il modo scelto per raccontarla: una restauratrice ci lavora su, raccoglie dei campioni interessanti, e mentre li studia noi lettori ne scopriamo la storia, i retroscena, andando sempre più indietro nel tempo per conoscere “i custodi del libro”.
La prima volta che ho letto questo titolo non so perché mi immaginavo un fantasy o un thriller in cui questi “custodi” fossero una specie di setta votata a proteggere un qualche sacro o magico volume. Invece leggendo il libro ho scoperto che i “custodi” sono le persone che si sono prese l’incarico di proteggere la cultura, l’arte e in generale l’importanza di questo libro contro l’ignoranza, l’intolleranza e la barbarie umana. Ma non solo, sono anche tutti quelli che l’hanno creato, modificato, in qualche caso anche danneggiato o defraudato, e che in questo modo sono entrati a far parte della sua storia. Quindi il termine “custodi” risulta inappropriato e riduttivo: ancora una volta (l’ennesima!) ci troviamo davanti ad un errato adattamento italiano di un titolo di un libro. Infatti il titolo originale era traducibile semplicemente con “la gente del libro” ed era sicuramente più azzeccato, descrivendo bene il ruolo dei vari personaggi che incontriamo nel romanzo, ovvero persone che sono venute a contatto in diversi modi con la haggadah e ne hanno modificato la storia.
E questa storia è davvero molto affascinate, anche perché si ispira in larga parte a fatti reali! Quella più recente è conosciuta e documentata, la Brooks l’ha ovviamente romanzata e ha cambiato i nomi dei protagonisti, ma è vero durante la Seconda Guerra Mondiale e poi di nuovo durante quella della ex-Jugoslavia la haggadah è stata salvata grazie al coraggio di due bibliotecari, entrambi musulmani. Più andiamo indietro nel tempo, più la fantasia della Brooks ha preso ovviamente il sopravvento (purtroppo – o per fortuna? – la storia della haggadah di Sarajevo è ancora sconosciuta per la maggior parte), ma spesso basandosi su caratteristiche reali del libro (per esempio c’è davvero un’immagine di una famiglia di ebrei spagnoli che celebra la Pesach -la Pasqua ebraica- in cui è presente anche una misteriosa donna di colore vestita di giallo).
Purtroppo la parte ambientata nel 1996 con protagonista la restauratrice Hanna non mi è piaciuta troppo. Lei l’ho trovata un po’ stereotipata e a tratti decisamente antipatica, e in generale i vari personaggi incontrati nel ventesimo secolo mi sono piaciuti poco, li ho trovati poco interessanti e a volte mal gestiti. Non riesco a spiegarmi bene, non so come dire, mi sono parsi un po’ troppo enfatizzati, le loro caratteristiche estremizzate… insomma, un po’ finti! Ho preferito di gran lunga le parti ambientate nel passato: qui i personaggi, anche quelli minori, li ho sentiti più genuini. Anche in queste però non posso negare di aver trovato alcuni brani noiosi: se il libro fosse stato più corto l’avrei probabilmente gradito di più. O forse no? Perché ad ogni nuovo capitolo mi annoiava un po’ il raccontare particolari che non c’entravano niente con la storia del libro, però poi man mano che il quadro si chiariva e cominciavo a capire qual era il collegamento con la haggadah, l’interesse aumentava e forse senza l’introduzione iniziale non sarebbe stato così. Per esempio l’ultimo flashback (Siviglia 1480) mi straniva perché narrato in prima persona (finora avevamo avuto il punto di vista interno solo per le parti riguardanti Hanna, gli excursus nel passato erano stati sempre in terza persona) e mi irritava perché mi sembrava avesse preso la storia veramente molto alla larga, quando ecco che scopriamo che la voce narrante non è quella di un ragazzo bensì di una ragazza che si fingeva maschio, e non solo è lei l’artista che ha realizzato le miniature della haggadah, ma è anche la misteriosa donna di colore ritratta a tavola durante la celebrazione della Pesach. Alla fine questa è stata la parte del libro che mi è piaciuta di più, anche per questa piacevole invenzione della Brooks! :)
Ho avuto difficoltà nel dare un voto a questo libro. Mentre leggevo più di una volta ho pensato di non poter andare oltre le 3 stelline (vedi le parti noiose di cui sopra!), ma poi la narrazione si risollevava, la trama di nuovo mi conquistava, e propendevo decisamente per le 4. E come mi succede spesso in questi casi dubbi preferisco arrotondare per eccesso, e quindi alla fine ho optato per le 4 stelline, anche perché il libro migliora sempre andando avanti con la lettura!
Pian piano, infatti, oltre alla storia dei libri vittime dell’ignoranza (comunque sempre interessante per una bibliomane come me!) il discorso si amplia, raccontandoci anche dei perseguitati in carne ed ossa, come le minoranze sempre vittime dell’intolleranza, e infine la sempiterna storia delle donne vittime di un mondo ancora prettamente maschile. Infatti oltre alle disavventure delle varie Lola, Ruti e Zahara del passato, c’è qualche accenno alla disuguaglianza tra i sessi anche nella parte ambientata nel “presente”, col le difficoltà di Hanna, ma soprattutto nella madre, ad emergere in un lavoro “da uomo”.
E poi, soprattutto, il libro si merita almeno un mezzo voto in più per avermi fatto scoprire la straordinaria storia (vera) della haggadah di Sarajevo!
Ho ancora lo scanner inutilizzabile, quindi devo continuare a fare foto alle copertine, ma devo dire che un po’ ci sto prendendo gusto: mi piace pensare a qualche sfondo o qualche accessorio a tema da aggiungere per rendere la foto più movimentata! Stavolta ho usato come sfondo una mia gonna ;) e c’ho aggiunto una spada di legno. Mi sembrava una bella metafora del “custodire”, ma soprattutto l’ho comprata da poco per lo spettacolo di Peter Pan di cui ho parlato QUI, e la adoooro!!! Ne ho prese due per conto dell’Associazione, e sto pensando di farmene pagare una sola, così fa potermi tenere l’altra a musical finito! ;)
Va bè, ho divagato! Tornando a I custodi del libro, già che ci sono commento pure la copertina: carina, semplice, ma non particolarmente accattivante. Se non mi avessero parlato bene di questo romanzo o non ci fosse stata la parola “libro” nel titolo non so se guardando questa copertina sarei stata tentata all’acquisto!
Curiosità
Il libro è dedicato “A tutti i bibliotecari del mondo”.
Ogni capitolo ambientato nel passato è corredato di un’interessante citazione, e ce n’è una anche all’inizio del romanzo, molto bella e molto attinente:
Heinrich Heine
Dammi 5 parole
Scoprendo la gente del libroScheda del libro
Autore: Geraldine Brooks
Titolo originale: People of the Book
Anno prima pubblicazione: 2008
Casa Editrice: Neri Pozza
Traduzione: Massimo Ortelio
Pagine: 414
sito ufficiale dell’autore: LINK
aNobii: LINK
inizio lettura: 1 luglio 2011
fine lettura: 4 luglio 2011
Un po’ di frasi
Sia chiaro fin dall’inizio: non era il mio lavoro ideale.
A me piace lavorare da sola, nella quiete luminosa del mio laboratorio, dove perfino il clima è controllato, con tutto ciò che mi serve a portata di mano. È vero che ho la fama di essere una persona capace di operare altrettanto efficacemente sul campo, se devo, ovvero quando i musei non intendono accollarsi le spese di viaggio e assicurazione, o il collezionista non vuole che si sappia con esattezza ciò che possiede.
È vero anche che ho girato mezzo mondo per svolgere questo appassionante mestiere. Però non ero mai capitata in un posto come quello: la sala riunioni di una banca nel bel mezzo di una città dove la gente ha smesso di spararsi addosso da cinque minuti!
[incipit]
«È pericoloso» dissi. «Una prova a tuo carico».
«Lo so. Ma questa città ha già visto ardere troppi libri».
«Questa città e il mondo».
Sebbene fossimo davanti al fuoco, rabbrividii. Ozren posò il libro sulla mensola del camino e tese le braccia verso di me. Questa volta non mi sarei tirata indietro.
[explicit]