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Cominciamo dalla fine: un mi maggiore suonato da John, Ringo, Paul, Evans e Martin, un mi maggiore che è lungo 40 secondi e che compone uno dei finali più interessanti della storia della musica recente.
A day in the life è considerata da molti la migliore canzone dei Beatles, certamente è una delle più innovative e ambiziose. Scrive Paul Grushkin in Rockin’ Down the Highway: ”[A day in the life is] one of the most ambitious, influential, and groundbreaking works in pop music history”.
La canzone è costituita da due sezioni indipendenti. La prima, “I read the news today, oh boy”, scritta da John, conferisce le atmosfere melanconiche all’intero pezzo. Il testo racconta della morte di Tara Browne, schiantatasi con la sua auto in Redcliffe Gardens. “Non ho copiato la scena… La sua testa non è esplosa nell’incidente, ma nella mia mente”, dice John. Dopo 24 battute (e una sveglia che suona), inizia la seconda sezione, quella di Paul, scritta in ricordo dei tempi della scuola, “Woke up, fell out of bed”, leggera, perfetta per completare il pezzo.
La prima versione, registrata il 3 febbraio 1967, conteneva le due sezioni, legate da 24 battute con la sola voce di Mal Evans (il road manager) e con un piano, e si concludeva con una terza strofa che riprendeva la prima sezione. Una settimana dopo fu aggiunta la parte orchestrale. Racconta George Martin: “Ho semplicemente scritto [sullo spartito] la nota più bassa possibile per ogni strumento dell’orchestra. Alla fine delle 24 battute, ho scritto la nota più alta intorno al mi maggiore. Poi ho disegnato una linea obliqua proprio dentro le 24 battute… Ovviamente tutti hanno pensato che fossi pazzo.” Ricorda Paul: “Gli archi erano abbastanza disciplinati, mentre i fiati erano molto più selvaggi!”.
Seguendo il loro gusto per la sperimentazione (e l’avant garde), i Beatles suggerirono che i 40 componenti dell’orchestra indossassero occhiali e baffi finti, dei seni, delle zampe di gorilla… La scena fu registrata per un film, che purtroppo non fu mai proiettato nella sua interezza.
Le 24 battute, semi-improvvisate, furono registrate diverse volte e montate insieme per formare l’impressionante crescendo che porta la canzone a una suspense altissima, chiusa poi dal mi maggiore suonato da John, Ringo, Paul, Martin ed Evans su tre pianoforti a coda e un harmonium.
Recuperato il silenzio, dopo alcuni secondi, voci inquietanti riprendono la scena: è il colpo di genio finale.
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2 Commenti a “I’d love to turn you on.”
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A. scrive:
3 marzo 2011 alle 19:17
…bisognerebbe mettere un bannerino pulsante da qualche parte, che dica: “Questo post và letto nonostante la lunghezza, senza discussioni.” Io, per esempio, da brava fast I-Reader, rischiavo di perdermi questa chicca.
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Arturo Robertazzi scrive:
3 marzo 2011 alle 22:19
Anche io sono un fan dei post corti corti… A day in the life però meritava un po’ di righe in più… (Grazie!!
)