I dati su espatrio e disoccupazione che non dobbiamo ignorare

Creato il 03 giugno 2015 da Fugadeitalenti

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Gli ultimi dati, relativi alla fine di maggio, invitano a una profonda riflessione su quanto resta ancora da fare, per cambiare l’Italia, rendendolo per davvero un “Paese per giovani”. E abbattendo le ancora assurde rendite di posizione che frenano lo sviluppo del Paese:

-ci racconta Almalaurea, confermando un trend evidente da anni, il movimento sud->nord->estero: solo il 66% dei laureati italiani resta “stanziale”, mentre dal Sud a cinque anni dalla tesi emigra il 39% dei neodottori. Molti di loro vanno al Nord, da cui una parte espatrierà. Il 10% dei laureati settentrionali emigra. Tra i laureati che espatriano il 41% vede come “molto improbabile” il rientro nella Penisola, mentre il 39% lo vede “poco probabile”. Sommate, le due percentuali fanno intravedere un 80% (!) di laureati italiani emigrati, che a casa non pensa di tornare. Un impoverimento pauroso di capitale umano, in un Paese che già non ne ha, di fatto… o ne ha molto poco;

-Chiara Binelli, dell’Università di Southampton, ci racconta che i giovani italiani disoccupati nella fascia 25-34 anni rappresentano il 16%, con una crescita in soli 4 anni pari addirittura al +46%. Contemporaneamente, i salari sono scesi del 20%. A questo si accompagna una disoccupazione di lunga durata in aumento, un ricorso crescente ai contratti a tempo determinato e -soprattutto- il trend della “overeducation”, vale a dire una formazione superiore rispetto alle mansioni effettive richieste dal lavoro offerto;

-infine l’Ocse ci ricorda che “l’Italia ha uno specifico problema di disoccupazione giovanile, in aggiunta ad uno più generale”. Il Belpaese è penultimo in classifica per disoccupazione giovanile, sopravanzando la sola Grecia. La percentuale dei giovani al lavoro è crollata in otto anni di quasi il 12%, con una contemporanea crescita degli inattivi. Gli “under 30″ nella condizione di Neet si avvicinano ormai al 30%.

E’ evidente e lapalissiano che i soli “Jobs Act” e “Garanzia Giovani” non bastano, giusti o sbagliati che siano. Serve ancora più coraggio, sulla lunga strada delle riforme. Soprattutto, occorre farle tutte e bene, le riforme.

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