Magazine Cultura
Per venticinque anni l’Aula C antifascista è stata un luogo aperto e plurale di confronto, di dibattiti, di pranzi autogestiti, di feste, di ironia e fratellanza, di presentazioni di libri, di cineforum, di mobilitazioni sociali e civili, di presa di coscienza di un mondo reale ben diverso dai racconti istituzionalizzati. Dal 1989 almeno due generazioni di attivisti l’hanno attraversata e, in quell’auletta, abbiamo tutte e tutti imparato qualcosa.Come Nodo sociale antifascista, in quell’aula abbiamo organizzato nel corso degli anni tante iniziative, fra cui la prima presentazione della Controrivoluzione preventiva di Luigi Fabbri.Tutti sanno che la campagna di criminalizzazione condotta caparbiamente dal «Resto del Carlino» era un vezzo immotivato di giornalisti mediocri, servili e vendicativi.Tanti studenti lo hanno dichiarato a Radio Città del Capo e qualcuno ha affermato che era il «minimo» fare qualche scritta:«Il sequestro dell’aula è stato immotivato, non era cambiato niente rispetto agli anni passati. Ciò che è cambiato riguarda la forte volontà politica di criminalizzare lo spazio, fomentata dai giornali. L’aula è stata attraversata sempre da persone diverse. Non c’erano buoni motivi per sgomberarla».Ma il «Resto del Carlino» subito grida alla devastazione. Non che abbia molte persone disponibili alla sua opera di propaganda. Un giorno intervista tal prof.ssa Egeria Di Nallo, docente a Scienze Politiche, che dichiara che «gli anarchici dell’Aula C sono feccia». Poi il giorno dopo il «Carlino» intervista anche la figlia della Di Nallo, prof. Francesca Rescigno, che insegna anch’essa – guarda caso! – a Scienze Politiche… e dice intrepida: «Pensiamo alla Siria: ci scandalizziamo per i monumenti distrutti e poi però quando imbrattano in nostri palazzi nessuno apre bocca».
Nodo sociale antifascista BO
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