Non c’è dubbio. I dialetti
della Slavia sono sloveni
Nonostante le leggi di tutela 38/2001 e 26/2007, la vicinanza al confine sloveno, la scuola bilingue, c’è ancora chi afferma che i dialetti parlati nelle Valli del Natisone, Valli del Torre e Val Resia non siano sloveni, ma che siano dei misteriosi «idiomi arcaici di origine slava». Le persone che parlano questi dialetti vengono definite «slavofone» o addirittura «popolazioni autoctone di origine slava». Tra le più varie, poi, le definizioni degli idiomi. Quello parlato nelle Valli del Natisone viene definito, per esempio, «po našin» (nostro) o natisoniano. Tutte definizioni volte a negare l’appartenenza e la connessione alla comunità linguistica e culturale slovena.La polemica si è riaccesa mentre si stanno scrivendo gli statuti delle nuove Unioni montane. È del tutto politica, considerando che la scienza linguistica si è espressa in merito più volte e in maniera inequivocabile.
Come leggiamo nel documento redatto dall’Associazione degli slavisti italiani (si tratta di docenti universitari, ndr), in occasione della sua assemblea tenutasi a Udine il 21 settembre 2006, l’«arcaicità dei dialetti sloveni in uso nelle località della provincia di Udine non è dovuta a una presunta e scientificamente inesatta estraneità di questi dialetti alla lingua slovena, bensì a fattori storici e amministrativi che hanno determinato la situazione linguistica attuale».
Gli sloveni della zona di confine della provincia di Udine, infatti, dall’insediamento, avvenuto nel VII secolo, fino al 1866 rimasero isolati da resto della popolazione slovena non solo a causa delle barriere naturali, ma anche per l’appartenenza a entità statali diverse. Il distacco divenne poi definitivo con il passaggio all’Italia nel 1866, a cui seguì una forte politica di snazionalizzazione.
Nel giornale di Udine, uscito a un mese dal plebiscito con cui gli sloveni delle valli del Natisone, Torre e Resia entrarono a far parte del Regno dei Savoia, troviamo scritto: «Questi slavi bisogna eliminarli, ma col benefizio, il progresso e colla civiltà» italiana «che deve brillare ai confini, tra quelli stessi che sono piuttosto ospiti nostri». Agli sloveni della provincia di Udine fu negato dall’amministrazione italiana il diritto di esprimersi nella propria lingua madre in ogni tipo di istituzione (scuola, amministrazione pubblica). Pochi furono, quindi, negli anni i contatti con la lingua letteraria slovena e l’uso del dialetto rimase perlopiù limitato all’ambito familiare e religioso.
È naturale, pertanto, che nelle parlate slovene locali si siano conservati dei tratti arcaici e che esse siano ricche di calchi dalla lingua italiana e dal friulano. Questo non nega, però, che si tratti di dialetti sloveni. «Risulta scientificamente dimostrato che la lingua slovena – leggiamo in un altro documento dell’Associazione slavisti italiani risalente al 1989 – si divide in circa quaranta dialetti locali che possono essere contenuti in sette gruppi fondamentali (Carinzia, Carniola superiore, inferiore e interiore, Stiria, Pannonia e Litorale). Gli sloveni della provincia di Udine (Valli del Natisone, Val di Resia e Valle del Torre) parlano tre diversi dialetti sloveni, appartenenti al gruppo dei dialetti sloveni comunemente definiti del Litorale». La peculiarità dei dialetti e il loro particolare sviluppo storico non sono una valida motivazione per distinguere queste parlate dalla lingua slovena o per pretendere diverse applicazioni delle leggi di tutela.
L’espressione «idioma locale di origine slava», inoltre, è scientificamente inadeguata e per così dire ossimorica. L’aggettivo «slavo» è, infatti, un concetto generale che riguarda tutte le lingue slave, appunto, che sono state poi localizzate nelle diverse lingue nazionali (russo, polacco, sloveno...)
Inviato il 14 ottobre a 18:24
Articolo scritto da stampa di PARTE. Da ricordare che il Resiano (Val Resia) è stato riconosciuta come LiNGUA dall'Unesco.