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I dilemmi dell’autore (2 di 2): perché non pubblichi in inglese?

Creato il 22 giugno 2015 da Mcnab75

mister flanagan

Qualche giorno fa ho risposto pubblicamente al primo quesito che mi fanno molti lettori: perché non realizzi la versione cartacea dei tuoi romanzi? 
L’articolo ha generato una discussione interessante, con punti di vista spesso antitetici, ma ben argomentati (grazie!).
Oggi chiuderò questo breve dittico con la seconda domanda che mi viene spesso fatta: Perché non pubblichi i tuoi romanzi anche in inglese?
Partiamo da una premessa: questo interrogativo sottintende un complimento, quindi ogni volta che me la fate io sono soddisfatto. Pensare che i miei racconti/romanzi possano avere un buon successo in terre anglofone è una bell’attestato di stima.
Tuttavia dubito che ciò accadrà. E oggi vi spiego perché.

Sono molti gli autori indie italiani che tentano di esportare i loro libri ed ebook sul mercato inglese.
In fondo parliamo di un pubblico sconfinato, con una radicata tradizione per quei generi di cui ci occupiamo qui su Plutonia Experiment (la speculative fiction).
In altre parole: americani, inglesi (ma anche canadesi, australiani etc etc) amano molto di più la fantascienza, l’horror, il pulp e il fantasy rispetto a noi italiani.
Quindi, semplificando all’estremo, si può affermare che è più conveniente pubblicare per quel mercato che non per quello italiano.
Ma questa è un’affermazione sbagliata.

Andiamo per punti.

  • Il mio inglese scritto è mediocre. Un conto è scrivere una mail, un conto è produrre della narrativa di alto livello. Leggo molto in inglese, ma evidentemente si tratta di due processi mentali diversi.
  • Credo che, proponendosi a un mercato estero, occorra proporre del materiale (libri ed ebook) di qualità grammaticale, sintattica e ortografica impeccabile.
  • Viceversa, pubblicare un ebook in inglese di livello meno che ottimo sarebbe il peggior biglietto da visita possibile e immaginabile.
  • Si potrebbe ricorrere ai buoni traduttori. Che sono pochi. Molto pochi. In compenso ci sono molti cialtroni che si spacciano per professionisti, ma che non lo sono.
  • I buoni traduttori costano caro. Lo so perché ho fatto dei preventivi con professionisti fidatissimi. Per rientrare dai costi di tali lavori di traduzione dovrei vendere migliaia di copie di quell’ebook.
  • Sbarcare sul mercato con un solo titolo vuol dire essere fagocitati dalla spaventosa quantità di materiale in distribuzione su piattaforme quali amazon.com
    Per quanto il vostro singolo romanzo sia bello, verrà dimenticato nel giro di un giorno o due.
  • Occorrerebbe quindi proporsi con un carniere comprendente un minimo di tre titoli, con l’obiettivo di arrivare a sei/sette ebook disponibili in lingua inglese nel giro di pochi mesi. Ciò ovviamente aumenterebbe proporzionalmente i costi per l’eventuale traduzione.

Questi, in sostanza, sono i punti che mi tengono lontano dai mercati anglofoni.

Ovviamente ci sono autori italiani che possono saltare questi ostacoli nel modo più pratico possibile: conoscendo un inglese scritto perfetto, e quindi scrivendo direttamente in quella lingua.

Concludo dicendo che per me scrivere esclusivamente in italiano non è un ripiego. So che molti stimati colleghi e amici non la vedono così, ma per il sottoscritto è un piccolo motivo d’orgoglio cercare di creare un nuovo interesse per il fantastico nel nostro paese.
Il mio è un contributo piccolissimo alla causa, ma sono lieto di darlo.

grammar2

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