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I Dolori di RCS

Creato il 18 novembre 2015 da Pedroelrey

Crol­lano in Borsa le azioni di Rcs, che da ini­zio anno ha perso il 40%, ed ora quello che prima della ces­sione del ramo libri era il più impor­tante player dell’editoria ita­liana a Piazza Affari vale meno del Gruppo Espresso e Cairo Communication.

Su Rcs pos­siamo dire di essere stati unici a scri­vere ben prima delle dimis­sioni di Scott Jovane che il piano di svi­luppo lo “top­pa­vano” alla grande fon­da­men­tal­mente per gli inve­sti­menti fatti che non hanno por­tato il red­dito atteso a comin­ciare dallo scem­pio di You­Re­por­ter dopo l’acquisizione, con piano pre­ve­deva nei tre anni, di rad­dop­piare i fat­tu­rati da digi­tale e una cre­scita di quasi due volte e mezzo del suo peso sui ricavi com­ples­sivi che non si è nem­meno lon­ta­na­mente avverata.

Arri­vano ora i risul­tati dei primi 9 mesi dell’anno a for­nire ulte­riori ele­menti fat­tuali sui dolori di RCS Media­group con­sen­tendo di ana­liz­zare ulte­rior­mente la situazione.

RCS Italia Vendite

Com­ples­si­va­mente emerge come i ricavi dif­fu­sio­nali siano comun­que in calo ed anche le copie digi­tali abbiano subito una forte bat­tuta d’arresto. Com­ples­si­va­mente i ricavi calano del 3.7% rispetto ai primi nove mesi del 2014 con le reve­nues da ven­dite al –3.2% e quelle da adver­ti­sing che segnano un –4.1%. Pesan­tis­sima la situa­zione debi­to­ria con un cash flow nega­tivo per 500 milioni di euro, in peg­gio­ra­mento ulte­riore rispetto ai 483 di fine 2014.

In par­ti­co­lare rife­ri­mento alla parte ita­liana di RCS Media­group migliora la situa­zione per quanto attiene ai ricavi dif­fu­sio­nali con l’ultimo tri­me­stre in calo del 2.7% ma il pro­gres­sivo dell’anno al +2.3%. Lo spac­cato dei ricavi pub­bli­ci­tari, con l’online/digitale che pesa circa il 23% del totale, mostra come  ad oggi stia man­cando anche l’apporto di nuovi ricavi che Numix avrebbe dovuto portare.

Sul tema, Alceo Rapa­gna, dal feb­braio 2015 Diret­tore Mar­ke­ting & New Busi­ness del Gruppo RCS e Diret­tore Gene­rale, appunto, di Numix Agency, inter­vi­stato nel mio libro, dichiara: “Par­tiamo dall’ovvia neces­sità di iden­ti­fi­care un modello di busi­ness digi­tale che sia soste­ni­bile, sia lato adver­ti­sing — alla luce della “com­mo­di­tiz­za­zione” dell’advertising tra­di­zio­nale e del repen­tino pas­sag­gio ad un con­sumo da smart­phone – sia lato con­te­nuti, spe­cie per mer­cati come il nostro da sem­pre dipen­denti dalle ven­dite in edi­cola e quindi con let­tori meno abi­tuati a pagare per abbo­narsi all’informazione. Poi­ché però, alla fine, la mone­tiz­za­zione è fun­zione della qua­lità del con­te­nuto per­ce­pita da utenti e da inve­sti­tori pub­bli­ci­tari, non c’è dub­bio che il gior­na­li­smo debba con forza ride­fi­nire la nozione di “qua­lità” sui mezzi digi­tali, ad oggi troppo spesso uti­liz­zati sem­pli­ce­mente come adat­ta­mento del pro­dotto “ana­lo­gico”: basti pen­sare ai gior­nali resi pdf per i tablet o dei siti resi “più pic­coli” per il mobile o, infine, alla man­canza di mec­ca­ni­smi di log-in per iden­ti­fi­care i let­tori. Oggi valo­riz­zare la qua­lità sui mezzi digi­tali chiama invece una corag­giosa inno­va­zione di lin­guaggi e for­mati — e quindi di pro­dotto – sup­por­tati dalla tecnologia”.

Per il momento risul­tati in  tal senso non se ne vedono, non solo per quanto riguarda RCS. Vedere la luce è asso­lu­ta­mente pos­si­bile ma c’è dav­vero ancora tanto lavoro da fare per arri­varci a comin­ciare dal con­si­de­rarsi delle imprese e strut­tu­rarsi ade­gua­ta­mente rispetto agli obiettivi.

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