Quando avevo sedici anni, un giorno di giugno, Sergio se ne arrivo’ a casa con una busta piena di pacchetti confezionati con cura. Iniziai a scartarli piano piano, mentre la mia curiosità e meraviglia crescevano, il mio compleanno era già passato da un pezzo. Dentro ai pacchetti
L’amante di Marguerite Duras; Il diario di Jane Sommers di Doris Lessing; Strappami la vita di Angeles Mastretta; L’accompagnatrice di Nina Berberova; Una donna di Sibilla Aleramo; La campana di vetro di Sylvia Plath; Memorie di una ragazza perbene di Simone de Beauvoir; La signora Dalloway di Virginia Wool; Con beneficio d’inventario di inventario Marguerite Yourcenar; Immagini delle donne (Georges Duby e Michelle Perrot, unica eccezione a firma di uomini).
[Trascorsi le settimane successive in compagnia della struggente, terribile e dolce bellezza dell’amante-bambina; della elegante ed indaffarata Janna attratta irresistibilmente a stringere un legame fortissimo, quasi simbiotico, con la piccola e vecchia Maudie; di Catalina, sposata giovanissima con un anziano generale messicano, che svolge impeccabilmente il suo ruolo di moglie e madre (di figli non suoi) fino a quando le note di una musica non la strappano dalla sua vita;di Katja e Marija che, nel freddo di Pietroburgo, suonano e cantano eleganti musiche da camera mentre si svela l’ambivalenza del loro rapporto fatto di chiaroscuri, fascino e sottile crudeltà; di Sibilla che mi ha raccontato la sua vita e mi ha spiegato, per prima, che cos’era per lei il femminismo; di Esther che è incapace di accettare l’alienante compromesso e le leggi di comportamento che imponevano le istituzioni e si ritrova a tirare un breve respiro sulla soglia di una porta, prima di affrontare una nuova vita; di Simone che si scontra con l’ambiente alto-borghese, conservatore e bigotto francese e va dritta verso la conquista di se stessa; di Clarissa, della sua giornata che inizia con l’acquisto dei fiori per il party della sera e della sua frustrante abnegazione ad un ruolo al di sotto delle proprie possibilità. Vidi il castello di Chenonceaux , le tavole di Piranesi attraverso lo sguardo attento e illuminante di Marguerite; vidi la bellezza luminosa di Lella attraverso l’obiettivo di Edouard Bouba ed il corpo lucido e abbronzato di Lynda Benglis che, vestita solamente con un paio di occhiali da sole, tieni fra le gambe in maniera provocatoria-cosi’ ancora oggi leggo l’immagine- un gigantesco dildo di latex.]
Apprezzai molto i doni, Sergio mi aveva già insegnato ad amare i libri. Ma, pur conoscendo bene il suo impegno politico, non capii fino in fondo l’importanza, la forza evocativa e simbolica di quel gesto fino a molti anni dopo, quando iniziai ad essere un poco piu’ consapevole di me stessa, ed a focalizzare meglio il mio sguardo oltre l‘oggetto che mi era stato donato (non era un oggetto).
Regalandomi le storie, le parole delle donne, aveva provato a dirmi che “individuo” è un neutro mistificatore e fuorviante; attraverso il (suo) riconoscimento dell’altra voleva farmi festeggiare la complessità e la meraviglia dell’essere donna; senza bisogno di discorsi didascalici ma con le parole stesse di altre donne, voleva farmi amare ed apprezzare (piu’ di quanto forse non fossi in grado a sedici anni) questa meraviglia e complessità; forse in qualche modo, voleva provare a dirmi che sarei potuta diventare chiunque avessi voluto.
“”Quasi inavvertitamente il mio pensiero s’era giorno per giorno indugiato un istante su questa parola: emancipazione che ricordavo d’aver sentito pronunciare nell’infanzia, una o due volte, da mio padre seriamente, e poi sempre con derisione da ogni classe di uomini e donne. Indi avevo paragonato a quelle ribelli la gran folla delle inconsapevoli, delle inerti, delle rassegnate, il tipo di donna plasmato nei secoli per la soggezione, e di cui io, le mie sorelle, mia madre, tutte le creature femminili da me conosciute, eravamo esemplari. E come un religioso sgomento m’aveva invasa. Io avevo sentito di toccare la soglia della mia verità, sentivo ch’ero per svelare a me stessa il segreto del mio lungo, tragico e sterile affanno…Ore solenni della mia vita, che il ricordo non potrà mai fissare distintamente, e che pur rimangono immortali dinanzi allo spirito! Ore rivelatrici d’un destino umano piu’ alto, lontano nei tempi, raggiungibile attraverso gli sforzi di piccoli esseri incompleti, ma nobili quanto i futuri signori della vita!”” (da Una donna, Sibilla Aleramo)
Grazie, Sergio.