La rivolta impossibile, questo è il libro venuto fuori dopo anni di lavoro su documenti e testimonianze. Un titolo che già dice molto su un autore fragile e spigoloso, bravo a capire tante cose prima degli altri e di farsi molto male, di raggiungere le cime di un buon successo letterario e quindi di buttarsi di sotto.
Scrittore di Vigevano - Di abitanti cinquantasettemila, di operai venticinquemila, di milionari a battaglioni affiancati, di librerie neanche una, così ne scriveva Giorgio Bocca - che seppe raccontare ciò che si nascondeva sotto il miracolo italiano. Scrittore che non si può non accostare a Pier Paolo Pasolini e a quell'altro grande da cui non posso prescindere, Luciano Bianciardi, anarchico di Maremma, orfano di ogni utopia.
Lucio e Luciano: si conoscevano i due. Erano amici, di un'amicizia a cui non poteva bastare il talento. Entrambi in crisi, entrambi sconfitti da un mondo che avevano preso a calci. Due barche alla deriva, in attesa di naufragio. Luciano affonderà nell'alcool e quanto a Lucio, beh, forse basterà salutarlo proprio con le parole di Luciano:
Questo qui se lo mangiano le formiche.
Aveva capito tutto, il toscano.