I. e A.

Creato il 08 marzo 2013 da Baraem
Sono stata un po' assente in questo periodo.
L'ho fatto volutamente per varie ragioni. La prima e' stata la delusione, profonda, che ho provato in molte occasioni, in rete e non, nell'essere definita "sorella musulmana", seguace della fratellanza o sostenitrice di Morsi. Nonostante mi interessa poco il giudizio altrui, queste definizioni mi hanno fatto male quanto una coltellata, sopratutto perche' venute da persone che, credevo, mi conoscessero e sopratutto perche' ho avuto la sensazione che forse cio' che ho scritto finora non e' stato chiaro a molti o volutamente incompreso.
Mi e' stato dato della seguace della fratellanza perche' non scrivo o dico notizie non certe, perche' non offendo in maniera pesante i politici e perche' cerco di trovare sempre una risposta o significato ad ogni cosa che accade.
Le risposte ed i significati che cerco sono il risultato di profonde domande e la disinformazione e' un'arma che non mi appartiene. Ne ora nell'era di Morsi e ne in passato in quella di Moubarak e lo SCAF. Preferisco dare una notizia vera, a sostegno o discapito della fratellanza, cosi' che poi chi legge si faccia da solo le sue opinioni, anche perche', non serve essere allarmistici, i fratelli (non) musulmani sono artisti nel darsi la zappa sui piedi.
Ovviamente, dopo una pausa riflessiva, ho pensato bene di lasciare stare ed andare avanti anche perche' se i fratelli musulmani sono (non) musulmani e' perche' la mia stima ed appoggio nei loro confronti e' nulla e non devo assolutamente ne giustificare i  miei pensieri ne tantomeno i miei scritti con chi si rifiuta di leggere cio' che e' chiaramente  espresso.
Il secondo motivo, piu' importante, e' stato un Progetto di Turismo Responsabile, dedicato alle donne e alle mamme delle zone piu' disagiate dell'Egitto. Un'organizzazione di piu' di 5 mesi mi ha portato, nuovamente, nel Villaggio di Abadeya (ne avevamo parlato QUI), a 100 km circa da Luxor, a consegnare materiale di vario tipo alle associazioni locali che sostengono le donne, le vedove, gli orfani e le famiglie bisognose del Villaggio.
Andare nel sud dell'Egitto, tra quelli che sono per me i veri egiziani d'Egitto, e' sempre un'esperienza profonda ed importante, dal quale ogni volta ritorno piu' ricca e consapevole. E' sempre un'occasione di scambio culturale tra gente genuina e tranquilla, ma anche l'occasione di conoscere realta' differenti da quelle cairota, cosi' differenti che forse neanche i cairoti le conoscono.
Oggi e' la Festa della Donna, l'hanno scorso vi ho parlato delle donne della Rivoluzione (ne parlammo QUI), oggi vi voglio invece parlare di due donne, donne e basta, che di rivoluzione avrebbero bisogno, ma di quelle vere, di quelle profonde e radicali, che l'aiutassero ad uscire dal baratro in cui l'ignoranza le ha portate.
A. e I. sono due giovani donne del Villaggio, neanche quarantenni, divorziate. 
A. e' divorziata dal marito, su richiesta di lei, dal 2004 e I. e' divorziata per comune accordo dal 2006.
A. ha chiesto il divorzio quando suo marito, con cui era legata da qualche anno, le chiese il permesso di sposare un'altra donna per poter avere dei figli, cosa che lei non era riuscita a fare. A. non accetto' l'idea ma non impedi' al marito di avere dei bambini cosi' chiese il divorzio. Dal 2004 A. e' una donna single e dal 2004 e' una prigioniera.
Da allora le e' proibito uscire di casa, per qualsiasi motivo. Puo' andare a trovare la sorella, che abita ad un isolato dalla casa di famiglia, solo una volta ogni 8 mesi. Il resto del tempo non puo' uscire. Se sta male e deve andare dal medico le fanno trovare un'auto fuori il cancello, e la fanno scendere davanti il cancello del medico. Se deve comprare un abito lo fa il fratello al suo posto, non puo' fare la spesa, passeggiare, vedere amiche o parenti se non tra le mura di casa sua. Puo' vedere la strada solo dalla finestra.
09 anni di prigionia in casa, prigioniera dei fratelli e dell'ignoranza, prigioniera in un paese che non vede e non sente, tra un popolo che non ascolta le grida di dolore delle donne che soffrono.
I. si era sposata con il cugino e viveva al Cairo. Divorziata, perche' non riusciva ad avere figli, e' tornata nella casa di famiglia nel Villaggio. I. non esce dal Villaggio dal 2006. Puo' fare la spesa, puo' visitare i parenti, ma non puo' varcare il confine.
Cosa c'entrano queste storie con la Rivoluzione? Forse nulla o forse tutto. 
Sono storie nate prima della rivoluzione, quando c'era Moubarak che garantiva la sicurezza nelle strade (massacrando la gente nelle prigioni),  quando le donne erano libere (??), quando non c'erano i salafiti che sparavano cavolate (anche loro nelle prigioni) e quando l'Egitto era quel bel paese che manca a cosi' tante persone.
Sono anche storie che mi portano a pensare che forse sarebbe il momento, per il Popolo, di capire che la Rivoluzione e' un cambiamento.
Il cambiamento non e' solo lo scrivere male dei politici sui giornali o in tv, il cambiamento e' e deve essere per tutti.
Deve essere nelle case, deve insegnare rispetto, deve portare equilibrio.
Il cambiamento deve insegnare al Popolo egiziano di essere unito, di conoscersi, confrontarsi ed accettarsi.
Ho raccontato a delle donne egiziane le storie di A. e I. e mi hanno risposto che e' colpa degli islamisti e di Morsi.
Ho spiegato loro  che queste situazioni sono pre rivoluzione e non mi hanno ascoltato, ma mi hanno raccontato delle molestie sessuali sui pulman.
Ho chiesto loro se conoscono il sud dell'Egitto e mi hanno detto che "l'Africa" non l'hanno mai visitata.
Quanto Egitto c'e' in ogni egiziano e quanto amore per questa terra ha davvero questo Popolo?
Al Cairo oggi si e' svolta vicino a Tahrir una manifestazione in supporto alla situazione femminile relativa sopratutto alle violenze e le molestie sulle manifestanti.
Domani sara' data la seconda sentenza per il massacro di Port Said. La prima sentenza, che condanno' a morte 21 imputati (di cui parlammo QUI) accese una grande e violenta protesta a Port Said.
Tutti si aspettano lo stesso domani, anche alla luce dei fatti dei giorni scorsi, di violenza nei confronti dei manifestanti sempre a Port Said.
Mi auguro che la storia non si ripeti e mi auguro sopratutto che la storia insegni prima o poi qualcosa.

Immagine della manifestazione di oggi



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