Aggiungete ai facchini di Bologna i precari a partita IVA sfruttati negli uffici, i lavoratori che fanno lavori pesanti per un numero imprecisato di ore (camerieri ai ristoranti, lavapiatti e via dicendo), le donne incinte mandate via o demansionate al loro ritorno dove non ci sia una “cultura” dei diritti dei lavoratori (cioè in quasi tutte le piccole aziende e alcune medie).
Riflettete se non abbiamo lasciato che la maggior parte dei lavoratoti soprattutto stranieri, donne e giovani (cioè i nuovi lavoratori) lavorasse in condizioni selvagge, senza regole, senza diritti. E ora che c’è la crisi trovare il bandolo di quella matassa è ancora più complicato per tutti.
Abbiamo un ritardo cronico di almeno 15 anni su questo e la colpa è di tutti. Anche di chi si è concentrato per anni a discutere di lavoro in modo ideologico, individuando un bel nemico per la sinistra da salotto mentre nel frattempo fuori da quel salotto c’era davvero la schiavitù.