I fasti e l'oblio degli Spaghetti-Western...

Creato il 03 febbraio 2013 da Omar
Mai più nella sua storia l'arte cinematografica del Belpaese ha saputo recuperare la vena creativa (e produttiva) messa in campo in quella straordinaria epoca in cui operosi artigiani di Cinecittà, dotandosi d'improbabili pseudonimi americani, migravano in Spagna con scalcinate troupe al seguito per inventarsi in Andalusia scorci di un Texas idealizzato. Stiamo parlando dell'epoca d'oro degli spaghetti-western e da qualche anno, sia ringraziato il cielo, un dizionario ne raccoglie con scrupolo storico i fasti e l'oblio: si tratta di un monumentale tributo al genere (695 pagine di schede tecniche, recensioni e aneddoti) realizzato dal grande Marco Giusti, critico di larghe vedute che per primo seppe sdoganare i successi del periodo tra i sessanta e gli ottanta (il poliziottesco, il peplum o la commedia pecoreccia) coniando per essi l'azzeccata e (ab)usatissima etichetta di «Stracult». Dopo ben 75 deliziose pagine d'introduzione storiografica nelle quali Giusti intreccia la genesi del genere ad aneddoti dei propri trascorsi di spettatore onnivoro, il volume lascia spazio alle "voci" vere e proprie che alternano titoli memorabili a chicche delle quali si è persa ogni traccia. In principio, ovviamente, fu Per un pugno di dollari (1964), l'opera che secondo Giusti «fissò i canoni del genere», ma è utile sapere che prima del blockbuster di Sergio Leone in Germania erano stati realizzati almeno 20 western. È però, ovviamente, ai film di Leone che l'autore elargisce maggiore spazio di trattazione, dando al contempo però ampio risalto a tutti i maestri del periodo, gente che permise con una produzione rapida, efficace e popolare, al Cinema Italiano di foraggiare esperimenti d'elite come quelli di Fellini e Antonioni (sono nomi che vanno da Sergio Corbucci a Damiano Damiani ma anche di cineasti sconosciuti ai più). Tra le stravaganze memorabili si segnalano Sansone e il tesoro degli Incas (1968) di Pero Pienotti «il primo peplum che si trasforma in western durante la lavorazione» e Il suo nome era Pot… ma lo chiamavano allegria! (1971) di Diego Spataro «capolavoro di cinema frankenstein all'italiana». Davvero insostituibile.
Dizionario del Western all'italiana Marco Giusti (Ed. Mondadori)

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