Nonostante la Costituzione prescriva (art. 30) che «La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima» i figli naturali non avevano gli stessi diritti di quelli legittimi.
Chi era nato da una coppia non sposata avviava rapporti legali di parentela solo con i genitori ma non con gli altri parenti (zii e nonni): ciò aveva rilevanti effetti anche in termini successori perché i figli naturali non avrebbero potuto eventualmente ereditare.
Inoltre in caso di morte dei genitori naturali il bambino non poteva essere affidato ad eventuali parenti (con cui non aveva nessuna relazione legale) ma sarebbe andato in adozione ad estranei.
Viene a cadere inoltre la distinzione tra figli naturali e legittimi e si userà solamente il termine “figli”. La realtà dei bambini nati da coppie non sposate è considerevole: secondo Istat, il 24,5 per cento dei bambini nati nel 2011 aveva genitori non sposati mentre nel 2008 questa percentuale era del 19,6.
Questa legge è il frutto di diverse proposte di legge di deputati sia di destra che di sinistra (tra gli altri Paola Binetti, Rosi Bindi, Gabriella Carlucci ed Alessandra Mussolini). Il testo era stato approvato con una larghissima maggioranza (476 favorevoli, un astenuto e nessun contrario) il 30 giugno del 2011 alla Camera ed il testo era approdato al Senato.
A Palazzo Madama il disegno di legge era stato modificato nella parte relativa ai figli frutto di incesto. Sino ad oggi l’articolo 251 del Codice civile vietava di riconoscere i figli incestuosi e la Corte costituzionale era intervenuta con la sentenza 494/2002 rilevando che la discriminazione nei confronti dei figli incestuosi non poteva essere giustificata dalla tutela di interessi quali l’ordine pubblico familiare o i diritti dei membri della famiglia legittima, che sarebbero turbati dall’ingresso nella vita familiare di figli nati da genitori incestuosi. La stessa Corte aveva rilevato che «le responsabilità, anche penali, dei genitori incestuosi non giustificano la limitazione dei diritti dei figli, che non possono essere pregiudicati da fatti e scelte a loro non attribuibili».
Il Senato, facendo propria questa sentenza, ha modificato il testo originario inserendo che «Il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all’infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, può essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all’interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio».
In questo modo il figlio nato da relazione incestuosa può essere riconosciuto, godendo così di pari diritti, previa autorizzazione del giudice (tribunale per i minorenni in caso di minori di età).
Proprio su questo punto erano state forti le polemiche sia dentro che fuori del Parlamento. L’associazione politica di orientamento cattolico Forum delle associazioni familiari aveva manifestato la sua opposizione a questo disegno di legge perché «ammettere il riconoscimento dei figli incestuosi è un grave vulnus alla concezione della famiglia come convivenza ordinata e strutturata (….) e per tutte le culture evolute l’incesto è un disordine inaccettabile ed è, nella stragrande maggioranza dei casi, frutto di violenza, fisica o psicologica».
Il centrista Buttiglione aveva proposto di stralciare la norma sui figli nati da rapporti incestuosi dalla proposta di legge ma l’aula non ha accolto questa richiesta su cui aveva espresso parere contrario anche la relatrice del provvedimento Alessandra Mussolini.
Successivamente proprio la ex presidente del Forum, Luisa Capitanio Santolini dell’Udc (famosa per essersi opposta alla legge contro l’omofobia sostenendo che il suo «orientamento sessuale è l’eterosessualità e che ce ne sono anche altri come l’omosessualità e la pedofilia») ha presentato una serie di emendamenti per eliminare la controversa parte sulla riconoscibilità dei figli incestuosi dal testo di legge: emendamenti che sono stati respinti come gli altri presentati da un gruppo di deputati del Pdl guidati da Alfredo Mantovano. Nel caso in cui la Camera avesse apposto delle modifiche al testo approvato dal Senato, ci doveva essere un nuovo passaggio a Palazzo Madama sino a quando le due camere non avessero approvato il medesimo disegno di legge: il rischio era di non approvare entro la fine della legislatura una legge che riguarda milioni di persone.
Nel suo appassionato intervento finale Rosi Bindi ha ricordato l’importanza dalle coppie di fatto nella società italiana sottolineando inoltre che la riconoscibilità dei figli incestuosi non significa avere la patria potestà. Bisogna precisare che l’incesto resta reato ai sensi dell’articolo 564 del Codice penale.
Dopo essere fallito il tentativo di rimandare il disegno di legge al Senato eliminando la parte relativa all’incesto, i partiti potevano solamente respingerlo o approvarlo per intero.
I gruppi parlamentari hanno scelto di votare la norma lasciando comunque libertà di voto ai propri deputati. L’onorevole Paola Binetti dell’Udc ha espresso il suo voto contrario nonostante il disegno di legge approvato sia proprio di sua iniziativa: voto contrario è stato espresso anche da Alfredo Mantovano e da Renato Farina del Pdl.
Ovviamente non sono mancate le reazioni del mondo cattolico. Su Avvenire il Forum delle delle associazioni commenta l’approvazione parlando di «irresponsabile applauso con cui la Camera ha accolto l’esito della votazione».
Il Parlamento ha per una volta dato prova di laicità rimanendo sordo alle pressioni che venivano dalla Cei ed approvando una legge recependo anche le indicazioni della Corte costituzionale: forse i parlamentari di entrambi gli schieramenti hanno capito che i diritti civili sono importanti anche in termini elettorali. C’è da augurarsi che la politica continui a dare tali esempi di laicità e di civiltà e, dopo aver riconosciuto pubblicamente l’importanza dei figli di genitori non sposati, sia capace di dare al Paese una serie legge sulle coppie di fatto anche dello stesso sesso.
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