È da otto anni che il
regista statunitense David Lynch non sfiora la macchina da
presa, e noi poveri spettatori non possiamo far altro che riguardare
a ripetizione le opere che l'autore ormai ultrasettantenne c’ha
lasciato. Il regista di Missoula ha infatti composto un’invidiabile
filmografia molto variegata piena di capolavori e gioielli, ed i
film di David Lynch, dall’esordio più minimale di Eraserheadalle tre ore di labirinti digitali di INLAND EMPIRE, hanno
sempre lasciato il segno. Ed è giusto che osserviamo nel particolare
e ricordiamo ogni opera (cortometraggi esclusi) per approfondire il mondo cinematografico di Lynch in tutte le
sue accezioni.
Eraserhead (1977):
Considerato universalmente uno dei migliori esordi registici della
storia del Cinema, Eraserhead è un film allucinato e sporco
apparentemente privo di spiegazione. Il protagonista Henry Spencer
(interpretato da uno dei migliori amici di Lynch, il defunto Jack
Nance i cui occhi strabuzzati ed il cui volto semi-deforme sono già
storia, anche grazie a ruoli secondari in opere successive del
regista) è un uomo dai capelli ridicoli che è innamorato di una
donna dalle guance deformi che vive nel suo termosifone. Ha un
figlio, dall’apparenza di un girino gigante, ottenuto da un
rapporto con la sua ragazza Mary. Comincia ad impazzire soprattutto
da quando il figlio sembra ammalarsi misteriosamente. È possibile
interpretarlo in mille maniere, soprattutto ricordando la frase detta
da Lynch stesso, secondo il quale “è il film più religioso” che
l’autore abbia mai girato. Ciò che è indubbio è che nonostante
la carenza di mezzi, l’opera è già molto intensa e misteriosa,
oltre che caratteristica di uno stile particolare e spaventoso,
sensorialmente disturbante dalle immagini al cupo sound design curato
dal regista. Stanley Kubrick lo faceva vedere a ripetizione sul set
di Shining (1980) e Shinya Tsukamoto lo ha probabilmente
utilizzato come ispirazione per certi aspetti di Tetsuo(1989).The Elephant Man(1980):David Lynch sbarca ad Hollywood grazie a Mel Brooks (che
rimase impressionato da Eraserhead e che non volle che il suo
nome apparisse troppo enfaticamente nei titoli di testa di The
Elephant Man perché sennò il pubblico non avrebbe preso sul
serio l’opera), ma non abbandona (ancora) il bianco e nero e certe
brevi sequenze visionarie, oniriche, industriali e piene di tensione,
anche grazie al sound design ideato da Lynch non troppo dissimile da
quello del film precedente, che legano il suo film su commissione ad
un mondo estetico legato al Cinema d’autore ed al Cinema
underground. Il film ha un ottimo successo commerciale e di critica
ma non tutti ne hanno capito la profondità e l’importanza nel
riuscire a coniugare alla perfezione i canoni narrativi
hollywoodiani con lo stile cupo e grezzo del regista. La trama,
tratta da una storia vera, è molto emozionante: John Merrick,
interpretato da un irriconoscibile John Hurt, è un uomo deforme,
probabilmente malato di sindrome di Proteo anche se nell’immaginario
collettivo il suo nome è collegato alla neurofibromatosi, che ha una
propria individualità, cultura ed intelligenza ma ha vissuto per
anni come fenomeno da baraccone, ossessionato dalla morte della madre
uccisa dagli elefanti. Viene introdotto nel mondo della società
inglese da un dottore, Frederick Treves, interpretato da Anthony
Hopkins al suo meglio, che lo tratta prima come paziente e poi come
amico. Molte le scene intense, soprattutto nell’ultima tragica
mezz’ora. È paragonabile forse a L’enigma di Kaspar Hauser
(1975) di Werner Herzog per come esprime una sorta di descrizione
di pregi e difetti degli esseri umani tramite lo sguardo di un uomo
molto ‘diverso’.Dune(1984):Ritenuto
di solito la Caporetto di Lynch, questo blockbuster fantascientifico,
tratto liberamente dall’omonimo romanzo di Frank Herbert, doveva
essere diretto dal cileno Alejandro Jodorowsky, forte del successo di
El Topo (1970) e de La Montagna Sacra (1973), che si
era già messo d’accordo per avere una scenografia disegnata dal
geniale (da poco deceduto) Hans Ruedi Giger ed una colonna sonora
composta dai Pink Floyd. Il progetto forse sarebbe risultato come una
reinterpretazione troppo personale, tant’è che Dino De Laurentiis
ha affidato il progetto a Lynch che l’ha successivamente
disconosciuto, rendendo quindi questo fallimento più vicino ad una
sconfitta del produttore che non ad una sconfitta del regista. A
volte diverte, a volte intrattiene, più spesso è dispersivo,
prolisso, verboso ed inutile, ma ha la sua stregua di ammiratori che
lo trattano come un film di culto per gli anni ’80.
All’epoca, però, fu una catastrofe: 40 milioni di dollari di
budget, 2 milioni al Box Office. È incredibile che De Laurentiis
abbia finanziato anche il successivo film di Lynch.Velluto Blu(1986):
Uno degli apici della filmografia del regista è questo thriller
anticonvenzionale in cui nulla è quello che sembra ed in cui il
sottotesto e l’approfondimento psicologico del protagonista celano
un’oscurità impenetrabile e cupissima – riguardo alla quale vale
la pena vedere i tre quarti d’ora di scene eliminate reperibili su
YouTube. Infatti il personaggio principale, Jeffrey Beaumont,
interpretato con delicatezza ma non senza qualche doverosa
ombreggiatura dal bravissimo Kyle MacLachlan (anche protagonista di
Dune), è a suo modo rappresentativo dell’intera opera
lynchana: del resto il suo pensiero ed il suo stile di vita sono
legati ad una visione positiva dell’universo, cosa che non viene
cambiata neanche dopo che il suo personaggio viene messo a nudo
(fisicamente e concettualmente) e dopo che gli vengono mostrati
orrori grotteschi di cui solo i peggiori esseri umani si possono
macchiare. Questo giallo/poliziesco/thriller è anche un’allegoria,
metacinematografica a causa dei riferimenti continui al voyeurismo,
dell’eterno conflitto tra il Bene (violento) ed il Male
(seducente). È uno dei film dell’autore più amati anche perché è
il perfetto compromesso tra uno stile da film drammatico più
convenzionale e la follia grottesca e surreale che
caratterizza invece le sue opere più personali.Cuore Selvaggio(1990):Nicolas Cage con una giacca di pelle va in giro per gli
Stati Uniti in macchina con l’amata Laura Dern a ritmo di heavy
metal mentre un circo confuso e grottesco di malati di mente gira
loro attorno minacciando il futuro della loro relazione. C’è
bisogno di continuare a commentare? Pura follia, a volte genialoide e
a volte eccessiva, condita con un senso di anarchia visiva e
concettuale che a volte sembra non andare a parare da nessuna
parte: ecco cos’è Cuore Selvaggio. Fa ridere e contiene
interessanti riferimenti alla cultura pop americana o ai residui
freudiani del Cinema di Lynch (a partire dalle figure paterne oscene,
ben descritte da Slavoj Zizek nella sua Guida per i pervertiti al
Cinema), ma non è tra le opere più memorabili del regista.Fuoco cammina con me!(1992): Deluso dalla conclusione di Twin Peaks, senza
l’approvazione di Mark Frost, Lynch aveva preparato una trilogia di
film che potessero spiegare gli eventi della serie, aumentando i
misteri e quindi ponendo ancora più domande. Alla fine è riuscito a
farne solo uno (da cui ha tagliato 45 minuti di scene che dovrebbero
essere aggiunti quando il film uscirà in blu-ray, pare – o forse
no…), considerato generalmente uno dei film minori del regista. Ma
è comunque intensissimo, anche per l’assenza di una linea che
divida realismo e sogno. La scene folli e deliranti, spesso
incoerenti narrativamente o in apparenza sconnesse, sono spesso
collegate ad ossessioni cromatiche: il rosso, le luci blu o
bianche lampeggianti, ma anche il nero ed il bianco. Misteriosissimo
ed ostico la maggior parte del tempo, ha i maggiori pregi nella
colonna sonora di Badalamenti (forse la migliore che lui abbia mai
composto) e nel suo criticare l’industria televisiva come
sottotesto rispetto alla trama, che racconta la settimana di vita di
Laura Palmer prima della sua morte, dal punto di vista di lei stessa,
del padre e di Dale Cooper. Sul finale c’è anche un lampo
apparentemente religioso ma molto pessimista.Strade Perdute(1997):Primo capitolo della cosiddetta ‘trilogia del subconscio’ (di
cui Eraserhead probabilmente era una sorta di prologo), Strade
Perdute è un film che si arriccia e si piega su se stesso come
una striscia di Moebius. Cronologicamente sconnesso, mezzo onirico e
mezzo reale, ha come protagonista un personaggio unico interpretato
da due attori (il bravissimo Bill Pullman e il monocorde Balthazar
Getty) che a loro volta interpretano due personaggi diversi, entrambi
innamorati della stessa donna, interpretata da Patricia Arquette, che
nel contempo è un’infedele moglie defunta ed un’attrice
pornografica con un misterioso senso del romanticismo. Molte cadute
di stile con una colonna sonora non sempre coerente con le immagini,
è comunque un incubo suggestivo e sensuale oltre che una
colonna portante dell’estetica lynchana e del suo senso della
narrazione irregolare oltre che della sua concezione dell’ego
maschile. È il suo film più concentrato attorno al sesso, forse
anche più di Velluto Bluche pur essendo esplicito ed
ossessivo a riguardo aveva comunque come tema principale un conflitto
universale e non individuale. David Bowie, già amico di Lynch e già
apparso in un cameo in Fuoco cammina con me!, ha composto la
bellissima I’m Deranged apposta per il film, che ospita
canzoni anche di Rammstein e Nine Inch Nails oltre che un cameo di
Marilyn Manson.Una storia vera(1999):Nella filmografia di Lynch è ancora più atipico di The
Elephant Man, ed è anche più bello, poetico, profondo e
commovente. Il titolo originale è molto più geniale: The
straight story, ovvero “La storia dritta”, nel senso di
“diritta”, “lineare”. Stranissimo per Lynch, che qui si
ritrova a dirigere una storia non solo diritta ma anche, appunto,
vera e soprattutto lenta: il 73enne Alvin, residente nell’Iowa e
interpretato dal bravissimo Robert Farnsworth, scoperto che il
fratello con cui non parla da anni è malato, decide di andarlo a
trovare nel Winsconsin. Il viaggio, apparentemente troppo lungo per
essere fattibile, viene compiuto a bordo di un solitario,
melanconico, arrugginito trattore, piccolo e malconcio. La storia
risulta essere di un intimismo poco parlato, riflessivo e umano,
e Lynch ritaglia per la macchina da presa numerose pause che usa per
inquadrare il vuoto e lasciare che lo sguardo dello spettatore vaghi
per conto suo e trovi da solo la risposta a dilemmi esistenziali che
non vengono mai veramente posti verbalmente. La colonna sonora di
Badalamenti non aiuta a trattenere le lacrime.
Mulholland Drive(2001):La storia dietro Mulholland Drive è lunga.
Innanzitutto, Lynch aveva programmato di fare una nuova serie TV, uno
spin-off di Twin Peaksche seguisse il personaggio di Audrey
Horne (interpretata da Sherilyn Fenn), il cui futuro era incerto,
mentre tentava di diventare una stella di Hollywood. Alla fine il
progetto è rimasto, ma senza Audrey Horne, ed è stato girato un
episodio pilota con protagonista Betty Elms, interpretata da Naomi
Watts, ancora praticamente sconosciuta. La casa di produzione
televisiva ABC comunque non apprezzò il girato, al che il regista,
come fece tra l’altro con il ‘pilota europeo’ di Twin Peaks,
si fece produrre dalla Studio Canal un lungometraggio, questo
Mulholland Drive, con scene eliminate dal pilota originale e
scene aggiuntive che lo rendessero auto concluso. È risultato il
film del regista generalmente più amato dalla critica: per la sua
ampiezza stilistica, per il deragliamento nell’onirico e nel
melodrammatico dopo un’ora e mezza di apparente mistery-movie quasi
canonico (il ‘quasi’ è importantissimo), per la maestosità
delle scene di tensione e di incubo, per la rarefazione
commovente della storia d’amore (e di sesso) omosessuale al
centro della vicenda, ma anche, se non soprattutto, per la valenza
metacinematografica del film intero (a partire dalle relazioni
tra i personaggi), valenza che, mischiando l’idea di sogno con
l’idea della confusione tra realtà e finzione che spesso è stata
al centro dei conflitti metacinematografici anche di Bergman (molti
sono i riferimenti registici espliciti a Persona (1966) del
regista svedese), finisce anche per toccare la sfera estetica della
critica alla scena hollywoodiana. Il finale è intensissimo, la
colonna sonora di Badalamenti è meravigliosa, e l’apice assoluto è
l’infernale sequenza del Club Silencio con la quale il film cambia
completamente tono.INLAND EMPIRE(2006):Lynch vuole che il titolo di INLAND EMPIRE sia scritto
interamente in maiuscolo ed io esaudisco il suo desiderio. Vuole
forse far girare intorno al suo ultimo capolavoro un alone di
monolitico mistero, di mastodontica ambizione? Del resto un film di
tre ore girato interamente in digitale che gira tutto attorno alla
sovrapposizione di piani narrativi astratti ed imprecisi, con un
sound design che è un’evoluzione del sottofondo degli incubi di
Eraserhead ed una colonna sonora (stavolta composta da Lynch
stesso) che è spesso vicina al cacofonico, come può non essere, a
prescindere dalla sua qualità, un evento cinematografico epocale?
Non c’è realtà, non c’è finzione, perché ce ne dovrebbe
essere bisogno? INLAND EMPIREè un film principalmente per
quei cinefili (a cui appartengo…) che nel Cinema cercano
principalmente un’immagine non autoconclusa, che lo spettatore
possa completare da sé. La trama di INLAND EMPIRE è
sconnessa, le sue immagini però parlano chiaro e sono più
facilmente attaccabili l’una all’altra, come un puzzle
profondamente labirintico ed ingannevole. Non c’è bisogno di
capire INLAND EMPIRE in quanto il gioco alla sua base è
quello di spronare lo spettatore a giungere alle proprie conclusioni.
Lynch ha girato il film senza una sceneggiatura fissa, con un
processo anticonvenzionale: scrivere una scena, girarla, scriverne
un’altra, e così via, seguendo il proprio ‘train of thought’,
spesso e volentieri guidato dall’ispirazione derivante dalla
meditazione trascendentale che il regista pratica da sempre (ormai
come mestiere…). Nel mezzo ha inserito una storia che lui ha
definito essere “la storia di una donna in pericolo” in
cui tutte le linee sconnesse vertono verso l’inevitabile lieto
fine, a suo modo strappalacrime nonostante non si capisca veramente
cosa succeda. È il film definitivo con cui un regista come Lynch
dovrebbe comunque finire la propria carriera; ma le continue minacce
di tornare dietro la macchina da presa portano spesso anche i fan ad
odiare il regista di Missoula con la sua tendenza a procrastinare pur
di dedicarsi ad attività lontane dalla settima arte, a cortometraggi
dispersivi o a dischi di musica elettronica, o soprattutto alla
diffusione della meditazione trascendentale. Eppure, forse, un
lungometraggio progettato per il futuro non è così lontano…Nicola Settis"Nicola Settis nasce a Pisa ed è un appassionato di Cinema da sempre, con una passione particolare per i film d'autore orientali, tra Kurosawa e Kitano, ed europei, tra Fellini, Tarkovskij, Herzog e Tarr. Oltre a non essere mai sazio di cultura cinematografica, ha tra i suoi interessi secondari la musica, la televisione, l'animazione e la letteratura. Scrive ogni tanto su daParte firmandosi 7isLS"
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