I Film di Quentin Tarantino
Creato il 03 agosto 2013 da Tizianogb
Ho sempre considerato i film di Quentin Tarantino, fin dai suoi esordi, dei piccoli gioielli di arte Pop, veri e propri capolavori dei nostri tempi: Tarantino, al pari di altri registi che il sottoscritto adora, è un fottuto genio della settima arte; una delle menti più brillanti dei nostri tempi. Non ho mai nascosto l'adorazione che provo nei confronti del regista di Knoxville (TX), e l'idea di redarre un post sui film di Tarantino mi è parsa una cosa così naturale che sinceramente non mi capacito di come non mi sia venuta prima. Quello che segue è l'elenco completo, in ordine cronologico, dei film di Quentin Tarantino. Ho incluso nell'elenco i film diretti Tarantino e tralasciato volutamente i film da lui solamente sceneggiati, dato che vorrei dedicare a quest'ultimi un post a parte.
Le Iene (Reservoir Dogs) 1992: Fin dal primo, esilarante dialogo sul significato nascosto di "Like a Virgin" di Madonna, passando per "Little Green Bag": la sequenza con cui vengono introdotti i cani da rapina, e giungendo infine al colpo nello stomaco che ci riserva Tarantino alla fine dei titoli di testa, Le Iene si colloca di prepotenza nell'immaginario collettivo cinematografico di sempre con limpida ferocia ed ironia strepitosa. Un esordio col botto, difficile immaginarsene uno migliore (anche se in questo post ne esamino alcuni)... soggetto e sceneggiatura dello stesso Quentin, Le iene è la storia di una rapina finita male, i cui protagonisti sono un manipolo di psicopatici e criminali dall'outfit leggendario e vagamente bluesbrotheriano che ha fatto storia. Reservoir Dogs è un capolavoro che trasuda genialità in ogni inquadratura e in ognuno dei suoi indimenticabili personaggi, ed allo stesso tempo un esempio perfetto di come si calibrano i tempi cinematografici, riuscendo a tenere lo spettatore col fiato sospeso fino ai titoli di coda. Tra le moltissime scene indimenticabili: la tortura del poliziotto da parte di Mr. Blonde (Michael Madsen) e lo stallo messicano (spesso presente nei film di Tarantino) finale. Il film vanta anche la partecipazione dello stesso Tarantino - nei panni di mr. Brown - e del mitico Edward Bunker, uno degli scrittori preferiti del nostro eroe, nei panni di mr. Blue.
Pulp Fiction (id.) 1994: Sono passati solo due anni dallo splendido esordio de "Le Iene" ed ecco che il nostro eroe se ne esce con il capolavoro dei capolavori: un film che può essere definito con un solo aggettivo: perfetto. Tre storie pulp intrecciate tra di loro in un cristallino esempio di quella sceneggiatura first answer than question tanto cara a Tarantino, qui co-autore del soggetto insieme all'amico Roger Avary; un'intreccio mirabolante i cui protagonisti (indimenticabili) rispondono al nome di: John Travolta, Bruce Willis, Samuel L. Jackson (attore feticcio ed amico di Tarantino), Tim Roth e Harvy Keitel, già protagonisti de Le iene, Uma Thurman ( l'attrice preferita da Quentin) e lo stesso Tarantino in un esilarante cameo. Anche qui le scene indimenticabili non si contano, ma le migliori sono sicuramente quelle che vedono protagonista un John Travolta in stato di grazia: Il ballo con Uma Thurman al Jack Rabbit Slim's, l'iniezione di adrenalina al cuore della Thurman e - semplicemente strepitosa - quella della testa di Marvin fatta esplodere per sbaglio. Prodotto da Danny De Vito e vincitore della Palma d'Oro al Festival di Cannes - nonchè dell'Oscar alla migliore sceneggiatura originale- Pulp fiction è il film che ha fatto conoscere Quentin Tarantino al mondo intero, riservandogli un posto d'onore nell'olimpo degli Dei cinematografici. Tra cent'anni se ne parlerà e lo si vedrà ancora come adesso si fa con "Casablanca", "La dolce vita" o "Luci della città". Poco ma sicuro.
L'uomo di Hollywood (Episodio finale del film Four Rooms) 1995: Four Rooms è un film in quattro episodi, di cui il terzo è diretto da Robert Rodriguez e il quarto da Tarantino. Non ho mai amato particolarmente questo film, anzi a dirla tutta l'ho trovato fin dal primo istante abbastanza bruttino... Tim Roth non è mai stato così sopra le righe e il personaggio che interpreta è probabilmente uno dei più odiosi di tutta la storia del cinema... Il più delle volte associato al solo nome di Tarantino - espediente di marketing che venne usato all'epoca della sua uscita dato che Tarantino, dopo il successo planetario di Pulp Fiction, era all'apice della fama - Four Rooms rimane il punto minimo creativo del genio di Knoxville, tanto che il suo episodio non è neppure il più bello dei quattro (la Palma d'Oro, in questo caso, va a Rodriguez). Neppure io, che vivrei a pane e Tarantino, riesco a salvare dalla gogna una simile ciofeca. Da dimenticare.
Jackie Brown (id.) 1997: Terzo ed ultimo capitolo della trilogia del crimine, Jackie Brown venne considerato all'epoca come un film minore, il segno che la stella di Tarantino avesse ormai raggiunto il suo punto più alto con Pulp Fiction e stesse inesorabilmente compiendo la parabola discendente del suo tragitto. In realtà, con il tempo è stato ampiamente rivalutato e adesso viene considerato quasi all'unanimità come il capolavoro della sua maturità artistica, nonostante non vi siano apparenti novità stilistiche rispetto ai suoi primi lavori. Tratto da un romanzo di Elmore Leonard, Jackie Brown vede tra i suoi interpreti uno strepitoso Robert De Niro, un altrettanto bravo Samuel L. Jackson (nei panni di una delle figure criminali cinematografiche più spaventose di sempre: Ordell Robbie) e dalla regina del genere Black Exploitation anni 60/70: la mitica Pam Grier. Per quanto mi riguarda, tra i film del primo Tarantino è il mio preferito, e non mi stancherei mai e poi mai di riguardarmelo. Jackie Brown è una storia ad orologeria girata con piglio sicuro, dallo stile asciutto e preciso. Anche qui, come nei primi suoi due lavori, le scene indimenticabili non si contano: ma chi lo ha già visto non potrà non concordare con il sottoscritto se dico che le due più belle in assoluto sono quelle che vedono protagonista Ordell e lo spacciatore di colore nel bagagliaio e quella in cui De Niro "zittisce" Bridget Fonda nel parcheggio del centro commerciale. Psichedelico.
Kill Bill vol.1 (id.) 2003 & Kill Bill vol.2 (id.) 2004: diviso in due parti in seguito ad un compromesso con la casa di produzione, la quale avrebbe voluto che Tarantino tagliasse alcune scene per ridurre il minutaggio finale (i due volumi, in totale, hanno una durata di 242 minuti), Kill Bill è il film che segna la svolta definitiva di Tarantino da "regista di genere" ad autore a 360°. I fan sfegatati del regista, che ben ne conoscono le attitudini, i gusti e il background artistico, in realtà non se ne stupiscono più di tanto, e corrono in massa a vedere questo capolavoro fiume dai colori scintillanti, le spade insanguinate e tutti i luoghi comuni dei film d'arti marziali e degli spaghetti western (due tra i generi cinematografici più cari a Tarantino). Lo stesso fa chi non ha mai seguito Tarantino prima di Kill Bill, e difatti le avventure della sposa vendicativa interpretata da Uma Thurman aumentano considerevolmente la fama e il successo del genio di Knoxville. Visivamente perfetto e sgargiante, Kill Bill è un monumento alla forma e all'esteriorità (dei movimenti, dei colori, dei pensieri e della filosofia Tarantiniana) ma - e questo è solo un mio parere - denota una mancanza di profondità rispetto ai suoi primi lavori, sia nei contenuti che nella storia, alquanto sconclusionata e kitsch. Nonostante questo rimane un film godibilissimo e divertente, iconograficamente perfetto; e anche se non si può considerare il suo film più bello (nonostante l'enorme successo commerciale) è da considerarsi un passaggio fondamentale nella sua carriera cinematografica.
A prova di morte (Death Proof) 2007: Primo segmento di Grindhouse, A prova di morte è un omaggio di Tarantino ai film exploitation degli anni '70, da lui molto amati, e ai lavori di Russ Meyer. Protagonista della storia è Stuntman Mike, serial killer motorizzato interpretato da Kurt Russel, che per l'occasione sfodera il meglio del suo repertorio da duro Carpenteriano (La cosa, 1997 fuga da New York). Anche se le vere protagoniste di questa storia, come in Kill Bill, sono in realtà le cosiddette "donne con le palle", tanto care al vecchio Quentin. Tecnicamente grezzo, visivamente sporco e pieno zeppo dei famosi "dialoghi Tarantiniani", Death Proof è puro Tarantino al 100%; anche se - a voler essere sinceri - qualche taglio alla sceneggiatura, specialmente nei dialoghi (a volte soporiferi) gli avrebbe sicuramente giovato.
Bastardi senza gloria
(Inglourious Basterds) 2009: ovvero, la seconda guerra mondiale secondo Tarantino. La missione Tarantiniana di omaggiare tutti i generi cinematografici che hanno influenzato la sua carriera prosegue con questo Bastardi senza gloria, un divertentissimo e splatteroso film di guerra che, a suo modo, rende onore al Macaroni Combat, cioè a tutti i film di guerra italiani che andavano di moda negli anni settanta, veri e propri war movies all'amatriciana, il più famoso dei quali rimane Quel maledetto treno blindato (Inglorious Bastards) di Enzo G. Castellari, da cui Tarantino ha preso e storpiato il titolo in inglese. Interpretato da un fenomenale Christoph Waltz, che per la sua interpretazione ha vinto un Oscar quale miglior attore non protagonista, da un canagliesco Brad Pitt e dall'amico regista Eli Roth (Hostel), Bastardi senza gloria segna il ritorno alla grande di Tarantino, dopo il mezzo flop di GrindHouse, e rimane a tutt'oggi uno dei suoi lavori più riusciti, un quasi-capolavoro. Un film esagerato, fracassone, tecnicamente perfetto. Da antologia del cinema, poi, il finale: un autentico colpo di genio che solo un pazzo come Tarantino poteva permettersi.
Django Unchained (id.) 2012: Signore e Signori, ecco a voi l'ennesimo, fottuto Capolavoro di Mr. Quentin Tarantino. Un capolavoro, avete capito bene... perchè non ci sono altre parole per descrivere questo monumento in immagini, musica e parole allo Spaghetti- Western di Sergio Leone, E.B.Clucher e Sergio Corbucci (regista del Django originale)... anzi, a dire il vero di parole volendo se ne può trovare, e anche parecchie. Innanzitutto, partirei dalla storia: Tarantino - si sa - è uno sceneggiatore eccelso e, a parte alcune verbosità trascurabili, difficilmente riesce a scriverne una che non sia più che ottima. Con Django, però, il nostro eroe s'è superato ed è tornato ai fasti gloriosi de "Le iene" e "Pulp Fiction": non vi è una sola parola, un solo dialogo fuori posto nei 165 minuti di questo capolavoro, così come non vi è alcun movimento di macchina sprecato, ne il minimo gesto che non abbia un suo preciso posto nell'economia del racconto. Quasi tre ore di film potrebbero sembrare tante, per un western, ma per quanto mi riguarda ne avrei viste altre tre, se la storia fosse continuata. Perchè Django Unchained è sì il western definitivo, quello che dopo di lui niente potrà più essere come prima; ma Django è anche puro Tarantino DOC, la subliminazione stessa di tutto quello che il genio di Knoxville ha voluto da sempre rappresentare con le sue opere. In Django ritroviamo l'ironia nera (non solo per via dello schiavismo) e strepitosa degli esordi; la violenza che ti sorprende e ti colpisce allo stomaco: quella stessa violenza che a volte ti fa ridere talmente è eccessiva e slapstick, mentre altre ti fa raccapricciare per quanto è sadica e gratuita. In Django ritroviamo tutti quei personaggi tarantiniani indimenticabili e fortemente caratterizzati che in Bastardi senza Gloria si erano un po' persi e lo stesso livello di recitazione - altissimo - che c'era sia in "Pulp Fiction" che ne "Le iene". I dialoghi, poi, sono qualcosa di assolutamente eccezionale, uno dei vertici della poetica tarantiniana: surreali, ironici, filosofici e chi più ne ha più ne metta. Django Unchained non è solamente un omaggio agli spaghetti western... Django è un omaggio all'intero genere e a tutte le forme possibili in cui è apparso al cinema (dal classicismo di Per un dollaro d'onore alla denuncia sociale di Piccolo grande uomo e Soldato blu; dal crepuscolarismo de Gli Spietati all'epicità di Sentieri Selvaggi, fino ad arrivare alla modernizzazione di Young Guns)... insomma, Tarantino ha girato il film western perfetto, e lo ha fatto con uno stile, con un unicità così particolare che per poco non mi mettevo a piangere, quando alla fine di tutto è partita il main theme della colonna sonora di Lo chiamavano Trinità...
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