Dopo 2 anni passati in sordina, finalmente la distribuzione italiana si è ricordata di questo piccolo gioiello. Ovviamente, come succede (ormai) sempre più spesso dalle nostre parti, non ha avuto l’accoglienza che si meritava ma è uscito direct to video.
Uno psicopatico, di nome Frank Zito, semina il terrore nelle notti di Los Angeles. Sembra un uomo come tanti, ma dopo il tramonto esce per adescare le sue vittime, prevalentemente prostitute o coppie di fidanzatini. Frank non si accontenta di ucciderle, ma recide i capelli delle vittime ricavando degli scalpi con cui poi addobba alcuni manichini nel suo rifugio.
Mettere mano ad uno dei film più controversi e violenti degli ultimi 30 anni non era una cosa facile. Quando al regista Franck Khalfoun venne proposto di dirigerlo la sua prima reazione fu: la cosa non si può fare!
Poi grazie all’aiuto di Alexandre Aja, gran maestro dei rifacimenti di classici americani anni 80, il film vide la luce.
La paura più grande era che rifacendo un film intoccabile non si riuscisse a toccare i picchi epici della pellicola originale. Ma quando la produzione lesse la sceneggiatura scritta dallo stesso Aja, si convissero che producendo uno spaccato di violenza pura potesse venir fuori un film spettacolare.
Infatti lo sceneggiatore stravolge completamente la trama originale, cambia le ambientazioni, il modus operandi del serial killer ma riesce a mantenere attivo il pathos che aveva contraddistinto la pellicola originale.
Parliamo di un film che apparentemente non ha difetti. Psicologicamente ti annienta. Possiamo seguire la storia direttamente dagli occhi del maniaco. Tutto quello che ci viene raccontato e mostrato esalta la figura del male. Predomina la violenza, non solamente fisica ma psicologica.
Al posto della rozzezza e della cupezza malata del Maniac di Lustig, nella versione 2012 troviamo una elegantissima patina formale e una cupezza malata diversa, che entra direttamente nel cervello del suo serial killer, filtrando le immagini attraverso il punto di vista dei suoi occhi. E, attenzione, anche della sua mente.
Il casting del protagonista è geniale. Interpretato nell’originale da Spinell, qui Frank Zito ha i tratti delicati e gli occhioni blu di Elijah Wood, il quale rende ancora più ambiguo il serial killer collezionista di scalpi femminili. Scalpi che servono per fare “parrucche” per i manichini, che costituiscono una sorta di universo femminile perfetto per Frank.
Anche se la trama è veramente esile, Maniac compensa tutto con una sapienza del mezzo cinematografico che lascia pienamente soddisfatti, a tratti addirittura sbalorditi. La scelta del punto di vista in soggettiva è assolutamente vincente, perché usato con sapienza e inteligenza.
Questo non è un film horror che fa paura in senso stretto, e se si vede pensando di fare due salti sulla poltrona (o peggio farsi due risate) ci si annoierà tanto e si resterà parecchio delusi. Maniac è invece il ritratto di un personaggio sessuofobico, ed un affresco della “solidutine metropolitana”.
Il film resta ancorato, per quasi tutta la sua durata, ad Elijah Wood che si vede “poco” – attraverso specchi, riflessi, ricordi ed immaginazioni -, ma si sente tanto a livello sonoro, attraverso il suo continuo respiro, il suo ansimare, e la sua voce.
Dominato da una straordinaria colonna sonora, Maniac è un saggio fortissimo sul pianosequenza, ma è soprattutto un film molto violento, che farà la gioia dei fan di certo horror (attenzione all’omicidio nel parcheggio e quello in casa della signora).
Riuscirà anche ad affascinare chi dall’horror cerca un’esperienza unica.
Esempio rarissimo di remake che può assolutamente esistere senza essere annullato dall’originale che in questo caso è piuttosto ingombrante.
Un vero e proprio capolavoro…si dovrebbe studiare nelle accademie di cinematografia.
FABIO BUCCOLINI