Datato 2011 e dopo aver conquistato il Sundance Film Festival, a distanza di quattro anni finalmente è stato distribuito in Italia “The Woman”, l’horror che non ti aspetti, il pugno nello stomaco che mancava. Un film disturbante, un “rape and revenge” livido ed estremamente feroce.
Il californiano Lucky McKee, già famoso per horror ricercati quali “May”, “The Woods” e la “Sick Girl” della serie “Master of Horror” ci regala un film dal nucleo narrativo scarno, ma efficace.
Il regista, accusato ingiustamente di misoginia e fortemente criticato per la violenza mostrata (si narra che uno degli spettatori si sia alzato gridando a gran voce che il film “è disgustoso, che non è arte e che andrebbe confiscato e bruciato” e che una ragazza durante la visione si sia sentita male) presenta semplicemente una storia che non ha nulla di maschilista, anzi il contrario, e che ha tutti i pregi dell’horror familiare. La Donna, di questo “The Woman”, non è altro che il capo di quel clan sopravvissuta e divenuta adulta. Già dalle prime battute del film la vita familiare dei protagonisti, tutta rispetto, etica ed educazione fa serpeggiare nello spettatore una sensazione esasperante di artificiosità.
Questa la trama: Chris Cleek esce a caccia nel bosco e si imbatte in una donna che si aggira tra gli alberi come un animale. Il signor Cleek cattura la donna e la porta a casa, la pulisce, la incatena in cantina e le dà da mangiare, proprio come se fosse un cane. La famiglia Cleek rimane quasi impassibile di fronte al “trofeo” di Chris e continua a svolgere la propria vita come se nulla fosse. La situazione però comincia pian piano a degenerare: Chris violenta la donna selvaggia, suo figlio adolescente Brian comincia a sviluppare un’attrazione morbosa per la prigioniera, sua sorella Peggy ha evidenti problemi con i suoi coetanei e con la scuola, finchè proprio la visita di un’insegnante di Peggy a casa Cleek fa precipitare la situazione.
Il nucleo narrativo è qui ridotto all’osso: si tratta della segregazione del femminile e della sua brutalizzazione da parte di un potere violento e senza senso, “scena modello” che può pericolosamente diventare ripetitiva e sterile, se non viene trattata da mano accorta e sensibile. Ma McKee qui raffina ulteriormente il suo occhio, mediante il ricorso ad una essenzialità narrativa di rara, cristallina bellezza.
Il film nasconde le scene più cruente e lascia immaginare; il discorso di Chris sulle donne è follemente colmo d’odio, più disturbante di molta violenza visiva.
McKee, accompagnato da una sceneggiatura semplice ma perfetta, crea un film senza sbavature e senza eccessi, dove la violenza non è mai fine a se stessa. La pellicola, non definibile in altro modo se non come horror, è in realtà sganciato dai classici stereotipi del genere. Bella prova degli attori principali (Pollyanna McIntosh, Angela Bettis e Sean Bridgers) che hanno saputo riempire con perizia un film che necessitava di un cast di qualità.
La Donna del titolo non è solo colei che viene catturata: simboleggia la Donna come archetipo, in ogni sua sfaccettatura, non ultima quella di Donna come Madre, tema assai importante nel film. Il film è dunque una più che mai urlata celebrazione del femminile, nella sua assoluta pienezza. In barba ad ogni insensata accusa di misoginia.
FABIO BUCCOLINI