Christopher Smith dopo un esordio commerciale come “Creep – Il chirurgo” e un horror-comedy come “Severance – Tagli al personale”, è uscito nel 2009 con questo titolo. Un horror dai toni fantascientifici ed estremamente personale. Ovviamente i bei film non possono essere editati in Italia, quindi, per chi lo voglia vedere, si faccia un bel giro tra i vari siti di streaming…ovviamente sub ita!
Per il suo terzo lungometraggio di Smith sembra ormai inevitabile il destino beffardo di gioiello perduto dello scorso decennio, a cui solo una futura riscoperta potrà rendere giustizia. Il regista, impegnato anche nel ruolo di sceneggiatore, si misura con un argomento insidioso che ha visto molti prima di lui fallire, quello dei loop temporali. Curiosamente, l’ambientazione marina sembra quella più adatta a fare da sfondo ad un simile argomento, ma non ha molti precedenti cinematografici. Il vero colpo da maestro però è un altro, e cioè la scelta di non sviluppare la trama attraverso lo schema ormai stereotipato e stucchevole di una riproposizione continua del loop, percorrendo invece la strada dell’intreccio e del paradosso.
Ecco a voi un assaggio di trama senza spoiler ma fidatevi, è molto più complessa: Jess si trova su una barca a vela insieme a un gruppo di amici. Quando l’imbarcazione finisce in mezzo a una tempesta, il gruppo è costretto a salire su una nave deserta per salvarsi. Jess non è tranquilla: ha la sensazione di averla già vista in precendenza. Nonostante gli orologi della nave siano tutti fermi e nessuno della ciurma si faccia vivo, i ragazzi scoprono di non essere soli a bordo. Qualcuno gli sta dando la caccia facendoli misteriosamente sparire ad uno ad uno.
A rendere speciale questa pellicola, è l’inusuale contesto marittimo, scelta eccezionale per rendere ancora più metaforico questa sorta di naufragio psicologico in cui ci si affida completamente ai propri flussi di pensiero sperando di ritornare al più presto al raziocinio di partenza.
La monumentale struttura narrativa concepita da Smith è allo stesso tempo circolare e lineare, un labirinto senza uscita di cui ci viene chiaramente mostrato tanto l’inizio quanto la fine: ogni elemento in “Triangle” vive di un’ambiguità apparente che nasconde un significato ben preciso, comprensibile solamente ripercorrendo il fil rouge temporale che conduce a quel preciso elemento.
Ma è soprattutto nel gioco dei particolari, a volte nascosti nell’apparente normalità del momento, altre volte messi al centro dell’attenzione per infrangerla quell’apparenza, che Smith costruisce tassello per tassello un mosaico tanto ampio quanto perfettamente curato nel dettaglio.
“Triangle” non è esule da difetti. Soprattutto nelle parti più spettacolari come la tempesta e l’arrivo della nave, si perde quel senso di realismo che contraddistingue l’intera pellicola. Con un budget maggiore sicuramente si sarebbe potuto far meglio.
Di sicuro non un capolavoro, ma sicuramente un film che meritava più visibilità e che deve assolutamente essere riscoperto.
FABIO BUCCOLINI