11 film (due volte Luchetti, due volte Banderas. E Almodovar, Pollack, Gilliam, Oliver Stone etc.)
La scuola di Daniele Luchetti, Iris, ore 21,05.
Dillo con parole mie di Daniele Luchetti,, La5, ore 21,10.
Dimenticatissimo film del 2002 di Daniele Luchetti, autore che pure ha goduto, e continua a godere, di un solido credito presso i recensori, soprattutto cartacei. Commedia di amori e inconsapevoli tradimenti, di rivalità femminili generazionali, di storie estive, di Grecia e delle sue isole. Un miscuglio non propriamente nelle corde dei nostri cineasti, e non così consueto dalle nostre parti, che qualche considerazione e attenzione in più forse se le meritava, se non altro per il tentativo di uscire dai soliti modelli narrativi. Una trentenne, Stefania, e la nipote Maggie, quindicenne, in vacanza sull’isola di Ios. Anche il fidanzato mollato da Stefania si installerà lì, e con chi va a cominciare una storia? Esatto, con la nipote della ex. Rondò di illusioni, delusioni e inconsapevoli inganni, in un film che guarda un po’ a Rohmer e al suo marivaudage. Con Stefania Montorsi e Giampaolo Morelli.
Il giorno in più di Massimo Venier, Rai 1, ore 21,15.
Film di parecchie ambizioni, che vuole distinguersi dalla solita commedia italiana vecchia e nuova e tenta la strada della romantic comedy all’americana. Niente cadute vernacolari o gag televisive. Dialoghi curati, confezione mai sciatta. Il problema è che Fabio Volo continua a rifare se stesso e il suo solito personaggio di trenta-quasi quarantenne paraculo, narciso e piacione, quello che l’ha reso idolo di una generazione (i suoi romanzi si vendono a botte di milioni di copie). Se solo avesse il coraggio di uscirne e andare oltre, ci potrebbe dare qualcosa di interessante. Però non è un film da buttare, e attenzione al cameo strepitoso e commovente di Lino Toffolo. (recensione completa)
JFK, un caso ancora aperto di Oliver Stone, Rai 4, ore 21,11.
Il 22 novembre scorso son stati cinquant’anni esatti dal giorno in cui a Dallas spararono a John Fitzgerald Kennedy. Nell’occasione, Rai 4 ha riproposto, e stasera ripropone, questo film di Oliver Stone del 1991 in cui si ricostruisce l’evento, ma soprattutto ci si focalizza sul dopo, sull’inchiesta, sulla ricerca della verità e (secondo il regista Oliver Stone) sull’insabbiamento delle piste che alla verità avrebbero potuto condurre. Il film è girato e montato benissimo da Stone, con dentro il suo senso naturalmente pulp del cinema, il suo vigore, il suo machismo mentale. Lo si segue senza un attimo di noia. E però me lo ricordo assolutamente paranoico, intriso di complottismo, bacato dalle peggiori teorie cospirazioniste secondo cui tutto si connette in un gigantesco Piano Diabolico. JFK ci mostra al lavoro il procuratore Jim Garrison che si ingegnò a cercare cosa si nascondesse dietro la verità ufficialmente conclamata e proclamata con tanto di sigillo governativo dalla commissione Warren, secondo cui l’attentato fu opera del pazzo isolato Lee Oswald. Naturalmente per Stone ci stavan dietro invece l’Fbi, Lyndon Johnson, tutti i servizi segreti, la mafia e quant’altro. Un film di visioni malate. Da vedere per come riesce a cavare una grande narrazione da un fatto storico, ma non da prendere sul serio nelle sue tesi. Con Kevin Costner nell’ennesima reincarnazione del buon americano, Tommy Lee Jones, Sissy Spacek, Jack Lemmon, Donald Sutherland, Gary Oldman, Joe Pesci.
Labirinto di passioni di Pedro Almodóvar, la7d, ore 23,55.
Anno 1982: secondo film di Almodóvar dopo Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio e debutto di un irriconoscibile Antonio Banderas. L’Almodóvar ancora selvaggio, non quello addomesticato a uso di platee internazionali, grandi festival e vari premi Oscar così come lo conosciamo da una quindicina d’anni ormai. L’Almodóvar scheggia impazzita (ma mica troppo, a ben guardare) del movidismo che in quegli anni si era impadronito di Madrid e della Spagna intera, ridisegnandone la faccia e l’immagine come luoghi del nuovo succulento peccato erotico, quello gay e transgender in primis. In questo pazzo film, che sarebbe davvero il caso di chiamare screwball comedy, c’è una cantante punk assatanata di sesso figlia degenere di una famiglia assai conservatrice (è la Cecilia Roth che ritroveremo in Tutto sua mia madre) e l’erede di chissà quale impero in terra musulmana, qualcosa che richiama il trono del pavone o giù di lì (c’è anche un’imperatrice Toraya, se è per questo), omosessuale in cerca di avventure in terra di Spagna. I due si incontrano e inopinatamente si piacciono. Ma le cose si complicano per via di terroristi sulle tracce del rampollo. Almodóvar sbeffeggia tutto, ha pure le palle di alludere pesantemente alla rivoluzione khomeinista. Banderas al suo primo film non lo riconosci quasi, timido e qualunque com’è. Ci avrebbe poi pensato Pedro a cavarne la star che sappiamo.
L’eletto di Guillaume Nicloux, Rai Movie, ore 22,50.
Strano, ambizioso fantastico-thriller del francese Guillame Nicloux che quando uscì, nel 2006, fu soprattutto qui in Italia massacrato dai critici e disertato dal pubblico. Non senza una qualche ragione, diciamolo. Ma forse un recupero se lo merita, o almeno una nuova visione in tv senza pregiudizi. Sono dell’idea che al tiro al bersaglio sul film, almeno qua da noi, abbia contribuito la diffusa acredine verso Monica Bellucci attrice, regolarmente maltrattata oltre ogni ragionevolezza e anche oltre i suoi eventuali demeriti. Ricordo l’anno scorso a Venezia i fischi beceri e i buuh alla proiezione di Un êté brûlant di Philippe Garrel dov’era protagonista, e lei quasi piangente alla successiva conferenza stampa. Insomma, mi vien quasi da prendere le sue parti, come s’ha da fare con i capri espiatori e le vittime sacrificali. Allora rivediamocelo questo L’eletto, chissà mai. Bellucci è una donna che, dopo aver adottato un bambino proveniente dalla Mongolia, si ritrova in preda a strani incubi e inquietanti fenomeni. Poi il ragazzino viene rapito, e lei intraprende un lungo viaggio tra il fantastico e il reale alla sua ricerca, viaggio che la condurrà in un remoto altrove. In fondo, un film sull’ossessione della maternità, uno degli elementi forti dell’inconscio di massa di questi anni e dunque spesso affiorante al cinema o in altre narrazioni. C’è anche Catherine Deneuve.
Coco avant Chanel di Anne Fontaine, Canale 5, ore 23,30.
Biopic su Coco Chanel o meglio sul suo pezzo di vita prima della celebrità come couturière. I primi anni in orfanotrofio, gli amori aristocratici che la introdurranno nel bel mondo. Sullo sfondo una crudele Francia divisa tra ricchi e poveri. Molto interessante, meno leccato e formalistico di quanto ci si aspetterebbe. Così Coco con ferrea detrrminazione inventò se stessa. Purtroppo c’è l’odiosa Audrey Tautou: comunque, il film che l’ha emancipata dal ruolo di Amélie. Con lei Benoît Poelvoorde e Alessandro Nivola. Dirige Anne Fontaine.
The Legend of Zorro di Martin Campbell, Rete 4, ore 21,15.
Sequel di quel La maschera di Zorro che nel 1998 aveva definitivamente trasformato AntonioBanderas in una star della Hollywood più mainstream. Sempre diretto da Martin Campbell, The Legend of Zorro arriva nel 2005, troppo tardi per sfruttare la scia dell’originale, e nonostante il ritorno della coppia Bandera-Zeta Jones non funziona al box office. Il terzo millennio non aveva più bisogno di eroi, semmai di super eroi Marvel. Comunque, le avventure Zorro difensore dei deboli e nemico dei forti & arroganti garantiscono sempre lo spettacolo.
Auguri professore di Riccardo Milani, Iris, ore 23,05.
School-movie all’italiana che arriva, siamo nel 1996, subito dopo La scuola di Luchetti (vedi sopra) e inevitabilmente finisce col soffrire il confronto. Anche perché il protagonista è sempre Silvio Orlando. Anche qui nella parte di un prof, uno che viene dagli idealismi anni Settanta e poi annegato nelle amarezze e disillusioni. Fino a quando arriva a insegnare una sua ex allieva (Claudia Pandolfi), e si riaccende un po’ di voglia di futuro, e di fiducia nel proprio lavoro.
Frank Gehry, creatore di sogni di Sydney Pollack, La Effe, ore 0,30.
Sydney Pollack intervista Frank Gehry e ricostruisce la sua storia di architetto-star che ha cambiato per sempre l’immagine urbana e il modo stesso di pensarla. Pollack (questo è il suo ultimo film prima della scomparsa) e Gehry erano amici di vecchia data. Interessante, perché è anche un confronto tra stili, quello solidamente artigianale e tradizionale di Pollack regista e quello visionario, oltre-realista, decostruzionista di Gehry.
Parnassus di Terry Gilliam, Cielo, ore 0,40.
Il penultimo film, e il più folle, del più incontinente che mai Terry Gilliam. Di speciale c’è che il povero Heath Ledger se ne andò (per sempre) mentre lo girava e che il suo ruolo è stato poi distribuito fra tre grandi nomi accorsi in aiuto di Gilliam, Johnny Depp, Jude Law e Colin Farrell. Una frantumazione-moltiplicazione del main character che è un ulteriore motivo per guardarsi (almeno una volta) questo Parnassus.