Manuela (Cecilia Roth) perde il figlio diciassettenne Esteban (Eloy Azorin), investito da un’auto nel tentativo di farsi concedere un autografo dall’attrice Huma (Marisa Paredes): il tragico evento spinge la donna a lasciare Madrid per Barcellona alla ricerca del padre di Esteban, che nel frattempo ha cambiato sesso. La sua vita si legherà indissolubilmente a quelle di curiosi e variopinti personaggi.
Quindicesimo film di Pedro Almodóvar, Tutto su mia madre rivela in pieno tutto l’immaginario del regista spagnolo, dominato dal sesso femminile (gli uomini sono nullità, diventano donne oppure muoiono): creature dolenti, disperate, segnate dalla vita ma coraggiose e indomite, pronte ad affrontare il loro destino senza voltarsi indietro, immerse in un’atmosfera eccessiva ed onirica, un mondo in cui tutto può accadere. Memorabile il personaggio del travestito Agrado (Antonia San Juan) che, con il suo monologo (“Mi chiamano Agrado, perché per tutta la vita ho sempre cercato di rendere la vita gradevole agli altri”. E questo già basta) regala la scena più bella del film. Palma d’oro a Cannes e Oscar come miglior film straniero.
Da vedere.