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Creato il 10 febbraio 2013 da Ifilms

locandina-lovelaceUn festival all’insegna della pornografia. La Berlinale 2013 presenta svariati titoli sul tema “sesso e affini”, con tutte le varianti del caso: non poteva certo mancare l’attesa biografia di una delle più famose attrici del genere, star del celeberrimo Gola Profonda, film che rivoluzionò totalmente il panorama cinematografico mondiale. Lovelace, diretto da Rob Epstein e Jeffrey Friedman, racconta la vita di Linda Lovelace (al secolo Linda Susan Boreman, interpretata da Amanda Seyfried), dalla quotidianità in una famiglia di stampo religioso, all’incursione nel porno dopo l’incontro con il futuro marito Chuck Traynor (Peter Sarsgaard), alla redenzione con conseguente abbandono di un mondo sporco e perverso descritto nel libro Ordeal (1980), in cui la Lovelace denuncia le violenze subite da Traynor, il quale la costrinse a girare pellicole a luci rosse tra botte e minacce.

Un’operazione studiata a tavolino, estremamente sgradevole sotto ogni punto di vista: il film di Epstein e Friedman si concentra in modo superficiale sulla protagonista sciorinando eventi stranoti e banalizzazioni imbarazzanti (repressione, ribellione, pentimento, catarsi) e santificando inutilmente una donna la cui fragilità mentale era divenuta evidente nel corso degli anni (uno psichiatra, analizzando l’autobiografia Ordeal, individuò nella Lovelace segni di personalità multipla e schizofrenia).

L’impatto sociale del film Gola Profonda (così ben analizzato in Inside Gola Profonda, documentario del 2005 diretto da Fenton Bailey e Randy Barbato, e legato a doppio filo alla vita della pornostar) è completamente tralasciato a favore di una sfacciata agiografia che presenta un presunto sfruttamento affrontato unidirezionalmente secondo la soggettività delle testimonianze della Lovelace e che fornisce quindi un quadro parziale e mistificatorio, a tratti irritante.

A ciò si unisce la banalità di uno stile pseudo-televisivo che tenta di scimmiottare il ben più strutturato Boogie Nights: ma mentre Paul Thomas Anderson era riuscito a dipingere un universo popolato di personaggi teneri e tragici, intrappolati in un’illusoria sensazione di libertà, in realtà devastati e tragicamente soli, l’unico risultato raggiunto da Epstein e Friedman è un grottesco e macchiettistico circo.

A coronare il tutto, interpretazioni ridicole: Amanda Seyfried è totalmente inadatta ad un ruolo che prevedeva ben altro spessore, Sarsgaard si impegna in una performance che risulta però stereotipata e caricaturale e James Franco, in un cameo nei panni di Hugh Hefner, è incommentabile.

Molto rumore per nulla.

Voto: 1,5/4


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