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Creato il 11 febbraio 2013 da Ifilms

fatal scenaLa Berlinale non è solo concorso: è un festival che, più di altri, dedica particolare attenzione alle sue sezioni collaterali, all’interno delle quali si possono scoprire titoli molto interessanti.

Uno di questi è Fatal, film sudcoreano, diretto dall’esordiente Lee Dun-ko e, fin dalle prime battute, appare chiaro che non ci troviamo di fronte a un debutto qualsiasi.

La scena di apertura, in linea con la tradizione autoriale piuttosto cruda della Corea del Sud, mostra infatti un agghiacciante stupro collettivo: dopo aver drogato la giovanissima Jang-mi, un gruppo di suoi coetanei la rinchiude nella sua stanza per abusare sessualmente di lei. Tra gli aguzzini c’è il timido e introverso Sung-gong, riluttante a prendere parte al disgustoso rituale ma costretto dai compagni a entrare nella stanza.

Le vite di Jang-mi e Sung-gong verranno indelebilmente segnate da quel brutale episodio: dieci anni dopo i due si rincontreranno per caso, ma mentre il ragazzo riconosce la vittima della violenza, e le si avvicina nel disperato tentativo di espiare le proprie colpe, la giovane non è consapevole dell’identità del suo nuovo amico.

La riflessione si incentra sulla solitudine agghiacciante di Sung-gong, che solo nel rapporto, per quanto insincero e in qualche modo morboso, con la ragazza intravede la possibilità di costruire un legame affettivo e diventare una persona migliore, catartizzando i propri peccati. Crudo e commovente a un tempo, il debutto di Lee Dun-ko riesce a dimostrare una già consolidata maturità registica, raccontando con la necessaria sensibilità una relazione particolarmente complessa e difficile da digerire.

Formalmente rigoroso e attentissimo a evitare ogni eccesso retorico, Fatal riesce a mantenere un ritmo elevato fino alla sua conclusione. Un film davvero prezioso all’interno della sezione Panorama che speriamo di poter rivedere in sala.

 

Voto: 3/4


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