Si consideri, per iniziare, quanto scritto dai Cahiers n°678 di giugno 2012 da Vincent Malousa [t.d.a]: "Una delle questioni che ossessionano lo spirito tormentato di Eric Packer in Cosmopolis - dove si recano a dormire le limousine la notte? - trova una risposta letterale nel finale di Holy Motors, nel quale scopriamo una folla immobile di limousine parcheggiate e intente a conversare con complicità in un parcheggio, mentre fuori la città è addormentata. Al di là di ciò [...] le limousine [...] si legano fra di loro a un altro livello. I due personaggi [Eric Packer e Monsieur Oscar] lavorano nell'alta finanza (almeno la prima incarnazione di Monsieur Oscar) e il primo come il secondo rappresentano l'immagine di un capitalismo apprezzato in dolcezza, ovattato e insonorizzato in un salotto in movimento. La semplice giornata lavorativa serve da quadro temporale ai due film; soprattutto, nell'uno come nell'altro, i personaggi scorrono verso il nulla e la morte [...]. Nei due casi, la limousine non è solamente un ritornello: produce delle forme e scrive la sceneggiatura."
A parte l'incredibile coincidenza della domanda posta da Packer e la risposta nell'ultima scena di Holy Motors, ciò che risulta interessante nell'articolo di Malousa è l'ultima frase riportata ("Nei due casi, la limousine non è solamente un ritornello: produce delle forme e scrive la sceneggiatura") ed è proprio ciò che qui verrà analizzato.
Lo sguardo di Packer non è “fame di conoscenza”: esso è "disinteressato". Il mondo fuori dalla limousine, infatti, esiste, ma è un grillo parlante, una pulce fastidiosa all'orecchio, uno spettacolo da poter interrompere distogliendo semplicemente lo sguardo. Gli anarchici imbrattano il suo microcosmo e fanno schiamazzi? Non importa: la limousine è insonorizzata e verrà pulita non appena possibile. Packer guarda il macrocosmo, come noi guardiamo i pesci in un acquario. E se la Terra, invece, fingesse di non guardare la limousine? E se fossero, invece, i pesci a guardarci? Il dubbio viene al protagonista a fine pellicola, ma tant'è: continuerà ad attraversare la città per andare dal barbiere. I mondi, però, non sono completamente isolati l’uno dall’altro. I rapporti si instaurano, ma sono routine: sesso, affari, riflessioni, visita prostatica ("E' asimmetrica!", "Che significa?", "Niente!") entrano nel microcosmo; Packer, ogni tanto, esce allo scoperto per andare dal barbiere di fiducia, per fare sesso, per prendere un boccone e per tentare di avere invano una buona relazione matrimoniale. La vita, però, non è anche fatta da routine?
Come mondo nel mondo, microcosmo nel macrocosmo (ma pur sempre “cosmo”), la limousine trasporta Monsieur Oscar nelle sue numerose e varie “incarnazioni”. L'incontro con la sua vecchia fiamma, su un'altra limousine, testimonia la presenza di più brokers, di più bolle nel mondo. Infatti, così come questo mezzo di locomozione trasporta il protagonista Oscar, essa conduce anche tutti gli attori e tutti gli ipocriti (hypocrites, per i greci, era l'attore) del mondo intero: ognuno, come il vecchio amore del protagonista, ha un proprio microcosmo. Non è un caso, allora, che Cosmopolis inizi proprio con una fila di limousine: numerosi individui guardano l'acquario/macrocosmo oltre a Packer e Monsieur Oscar.
In Holy Motors la riflessione si sposta su un altro aspetto, più teorico se si vuole. Se Oscar, infatti, incontra altri ipocriti (per l'esattezza due) con i loro rispettivi mondi-limousine e alla fine vediamo numerosi altri "motori santi" parcheggiati nella rimessa (che potrebbe essere la parte anteriore di quella in cui capita Packer a fine pellicola), non può essere che il "mondo fuori", quello quotidiano, non sia altro che l'insieme di questi mondi-limousine? Chi non indossa “maschere” nel mondo di tutti i giorni? Chi non vede l'ora di trasformarsi in una limousine per adattarsi alla situazione? Se tutti sono attori – o, meglio, se tutti siamo attori, ipocriti appunto - qual è il set ideale dove esibirsi, sopravvivere? Il mondo quotidiano, il macrocosmo, l’acquario. La Parigi di Carax, all'occorrenza, è un immenso palcoscenico dove ognuno recita la propria vita, adattandosi alle situazioni. In tal senso, allora, la limousine non è altro che il camerino dell'attore, dove trova trucchi, costumi e parrucche. Questo mezzo di trasporto, in Holy Motors, non è solo il mondo della visione superficiale desiderata da Packer. Essa è qualcosa di più; è il luogo delle decisioni: dal camerino si decide di agire, nella limitatezza del ruolo. In questo limite si può trovare la libertà del gesto attoriale, dell’individuo nella sua quotidinaità.