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Creato il 05 aprile 2013 da Ifilms

AlinaNella bella cornice dello Spazio Oberdan di Milano, abbiamo incontrato Alina Marazzi, uno dei nomi più interessanti del cinema italiano contemporaneo. Dopo aver esordito con lo straordinario Un’ora sola ti vorrei (2002), documentario in cui scava nella propria autobiografia (come in un film, Alina trova a casa dei nonni delle vecchie pellicole con protagonista la madre, scomparsa quando lei aveva 7 anni, le proietta in casa e vive una “magia”: la stessa che ha regalato a noi spettatori), l’autrice ha proseguito la sua carriera con i documentari Per sempre (2005), un’indagine sui motivi che portano alcune donne a compiere la scelta monastica, e Vogliamo anche le rose (2007), che analizza nascita e sviluppi del movimento femminista nell’Italia degli anni ‘70.

In sala dall’11 aprile, arriva il suo primo film di finzione, Tutto parla di te, interpretato da Charlotte Rampling e prodotto da Mir con Rai Cinema: si tratta di un lavoro incentrato sul tema della maternità e collegato al progetto online Tutto parla di voi, blog dedicato alle mamme, ma anche a tutte le donne e ai loro compagni. Tutto parla di te ha vinto il premio per la miglior opera prima all’ultimo Festival di Roma.

 

 

Raccontaci il tuo percorso cinematografico fin qui.

Ho girato il mio primo corto nel ‘91 grazie al contributo del Filmaker Festival: si trattava di una storia di migrazione, filmata in un’isola delle 

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Egadi. Già da quel primo lavoro ho manifestato un’attenzione nei confronti del vissuto femminile, e per la lavorazione mi sono servita di fotografie, video e super8. In tutto il mio percorso tendo a tornare su quegli stessi elementi, sia nei contenuti che nello stile: quello che amo fare è mescolare diversi supporti e linguaggi.

La mia formazione è avvenuta in una scuola di cinema a Londra; successivamente ho collaborato con lo Studio Azzurro di Milano. Un’ora sola ti vorrei è il punto d’approdo di un percorso durato molti anni. Non mi trovo a mio agio con la definizione di regista, in quanto sono interessata ad avere familiarità con più formati. Lo scopo di Un’ora sola ti vorrei è instaurare un dialogo, una relazione, in modo virtuale, attraverso il cinema. Questo film, così personale, è stato nello stesso tempo un punto di arrivo e un punto di partenza e mi ha fatto capire quali sarebbero state le strade che avrei intrapreso. È a tutti gli effetti il film fondativo della mia poetica.

Il mio secondo lavoro è nato dall’esperienza di assistente alla regia per il film Fuori dal mondo di Giuseppe Piccioni (del 1999, ndr), che è stato girato in un convento del bergamasco e che mi ha permesso di entrare in contatto con il mondo delle monache di clausura. L’ho chiamato Per sempre: perché “per sempre” è un’idea, un concetto, che ci spaventa molto. Si tratta di un viaggio attraverso tre comunità monastiche, alla ricerca - illusoria - del personaggio ideale per un film come questo: ricerca che si è trasformata, anche in questo caso, nel racconto di un dialogo, di un incontro. Le monache hanno colto l’occasione non solo di spiegare, ma anche di rinnovare a se stesse la loro idea di vita. Io mi trovavo nello stesso tempo lontana e vicina a loro, perché proprio in quel momento ero incinta ed ero perciò all’inizio di una condizione che sarebbe stata “per sempre”, ovvero la maternità. Il documentario, alla fine, non vuole rispondere alla domanda “perché una donna sceglie di intraprendere questa vita?”, ma essere semplicemente il racconto di un’esperienza e nello stesso tempo, grazie al fatto che porta l’autore stesso al suo interno, di una relazione.

Il mio terzo lavoro, Vogliamo anche le rose, parte da un interrogativo: io, donna degli anni 2000, da dove e da cosa provengo? La mia cultura e la mia mentalità sono così diverse da quelle delle generazioni precedenti? Il film è un viaggio nel mondo delle donne degli anni ’70 ed è stato costruito con un approccio da archivista, attraverso immagini e documenti, ma senza interviste. Ho voluto riprodurre quel periodo storico in chiave anche ironica, utilizzando per esempio diari di ragazze dell’epoca e le lettere della famosa Posta del cuore. Vogliamo anche le rose è in fondo l’ideale proseguimento di Un’ora sola ti vorrei.

Infine, con Tutto parla di te ho nuovamente incentrato la mia ricerca sul tema della maternità, in particolare sui suoi lati più oscuri: ovvero, l’ambivalenza dei sentimenti che una donna vive nel suo rapporto con un figlio. Il film parla di una giovane madre e di una donna più adulta. Benché sia un film di finzione, ancora una volta sono andata alla ricerca di nuovi linguaggi e mi sono servita anche di filmati d’animazione e d’archivio. È un film di finzione con un approccio (anche) documentaristico.

Come ti è venuta in mente la scelta di un’attrice di fama internazionale come Charlotte Rampling per la parte della protagonista?

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È sempre stato un mio sogno lavorare con un’attrice come lei e ora finalmente si è concretizzato. Cercavo un volto vero, misterioso, un po’ irrequieto. Tra le attrici italiane non sono riuscita a trovare nessuna con queste qualità: molte sono esteticamente “ritoccate”. In Francia invece va molto meglio: ci sono le attrici, ma forse anche i ruoli adatti, per le donne “vere” di una certa età.

Dal punto di vista stilistico quanto è stato difficile esordire nella finzione?

È stato difficile scrivere una sceneggiatura avendo in testa l’idea di mescolare tutti questi linguaggi, di fare un film che supportasse elementi visivi e narrativi “altri”. Il montaggio, poi, è stata la vera scommessa del film. Le definizioni sono restrittive per raccontare l’ambivalenza della maternità: non era sufficiente né il documentario né la finzione, che è un genere in crisi (soprattutto nella letteratura, che sta reinventando il proprio linguaggio). Il cinema, messo in crisi a sua volta, va alla ricerca di altre forme. Del resto, di tutti i miei film si può dire che sfuggano alle definizioni: sono documentari, film di found footage o film di fiction?

Progetti per il futuro? Dopo questa esperienza nel mondo della finzione, pensi di voler tornare al documentario oppure continuare su questa via?

Intanto aspetto che il film esca e poi… andrò a lavorare nei campi per fare qualcosa di più utile (ride, ndr)! Ho impiegato più di quattro anni a fare questo film. L’idea di iniziare a pensare a un film che vedrà la luce solo tra 5 anni, lo confesso, mi spaventa molto!

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Tutto parla di te: Alina accanto alle attrici Elena Radonicich e Charlotte Rampling

 

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