Il rapporto fra uomo e natura ha da sempre rappresentato uno dei temi cardine dello Studio Ghibli che ne ha raccontato ed illustrato come i primi siano la principale causa destabilizzante di un equilibrio già di per se precario. Come efficacemente raccontato in Pom Poko di Isao Takahata, l' iniziale timore reverenziale dell' uomo verso la natura, alimentato da credenze e superstizioni, ha ceduto il passo al desiderio di espandersi e di conquista, trasformando la necessità in avidità.
Anche se non ambientato nei giorni nostri, Principessa Mononoke ha parecchi punti in comune con il film di Takahata e porta il conflitto ai suoi albori, negli anni in cui il Giappone entrava nell' Età del Ferro trasformando un rapporto di simbiosi in una lotta per la sopravvivenza. Attingendo ai territori della Leggenda, le foreste rappresentate nel film sono popolate da spiriti e divinità dalle sembianze di giganteschi animali, ultimi Guardiani contro l' espansione dell' uomo che, per alimentare le sue fornaci, non si fa scrupolo nel procurarsi la materia prima "aggredendo" una natura fino ad allora incontaminata.
Impossibile semplificare questo scontro in una lotta tra il bene ed il male, in quanto Miyazaki identifica le due parti in causa attraverso due personaggi femminili che, rifuggendo qualsiasi retorica, sono definite in maniera complessa e articolata: sia San che Eboshi combattono per una causa in cui credono ciecamente e non si fanno scrupolo ad uccidere per difenderla.
Tra di loro si pone Ashitaka, ultimo principe di un'antica stirpe di uomini, costretto da una maledizione ad abbandonare il suo villaggio per scoprire la natura del male che affligge lui ed il mondo, osservando quel che accade "con occhi non velati dall' odio".
É proprio da qui che Miyazaki sviluppa la riflessione piú importante ed urgente del suo film identificando proprio nell' odio, non tanto l' origine dei conflitti, quanto la materia attraverso la quale questi si autoalimentano, in un ciclo infinito dove il sangue richiama irrimediabilmente altro sangue.
Nonostante una chiusura (parzialmente) positiva e consolatoria, Principessa Mononoke si distingue per una rappresentazione esplicita della violenza, che non arriva ad essere disturbante ma é certamente una rarità nel cinema del Maestro giapponese, parte integrante di un gioco di contrasti che rappresentano visivamente e tematicamente una delle pellicole più adulte, complesse e riuscite di Miyazaki.
Voto: 3,5/4