Il 1913 è stato un anno particolarmente importante per la storia del cinema: in Europa si realizzò uno straordinario numero di lungometraggi (in Francia, Germania e Italia in particolare) e l'industria Hollywoodiana iniziava a crescere, preparandosi a dominare il mercato con l'avvento della prima guerra mondiale, scoppiata nell'agosto del 1914. Infatti, mentre le produzioni francesi e italiane si sarebbero drammaticamente indebolite a causa del conflitto bellico, il cinema americano divenne sempre più forte occupando quel ruolo di potenza assoluta che avrebbe mantenuto nei decenni successivi.
Esattamente un secolo fa, gli autori esplorarono le possibilità espressive del mezzo cinematografico, realizzando opere particolarmente importanti che oggi sono, per la maggior parte, dimenticate.
Nel mondo di oggi, in cui sono sempre più frequenti e diffuse top 10 e classifiche dei film della stagione in corso (e non solo), vi proponiamo allora una personale classifica retrò dei migliori titoli (proposti in ordine alfabetico) usciti un secolo fa, nel 1913, sperando che possa incuriosire e interessare.
ATLANTIS di August Blom
Tra le case di produzione più importanti del periodo, c'era la danese Nordisk di cui August Blom era l'autore di punta nella prima parte degli anni '10. Il suo film più importante fu Atlantis, pellicola appartenente al filone del melodramma psicologico, ambientata su un transatlantico: un dottore deve destreggiarsi tra la moglie possessiva e una passeggera di terza classe. Il "triangolo amoroso" dovrà arrestarsi quando la nave affonderà, in pieno giorno, dopo aver speronato qualcosa in mezzo all'Atlantico. La tragedia del Titanic era avvenuta soltanto un anno prima e l'incidente fu più che una semplice ispirazione. Le scene spettacolari (il naufragio in primis) contribuirono a renderlo un successo in tutto il mondo. Piccola curiosità: nel cast, in un ruolo minore, c'è Michael Curtiz, futuro regista di Casablanca.
L'ENFANT DE PARIS di Léonce Perret
Léonce Perret (uno dei principali autori della Gaumont) era in gravi difficoltà finanziarie al termine delle riprese de L'enfant de Paris, un melodrammatico racconto legato al rapimento di un bambino. Il successo del film fu tale che Perret, non solo risolse i suoi problemi economici, ma divenne una delle firme più note del cinema francese del periodo. Vennero fatti diversi rifacimenti della pellicola me nessuno ebbe il fascino dell'originale: il regista scelse di ridurre al minimo l'illuminazione artificiale creando impressionanti effetti di controluce. Molto cinema americano (da quello di David Griffith a quello di Cecil B.De Mille) ne trasse una grande ispirazione.
FANTOMAS di Louis Feuillade
Proprio nel 1913, il serial emerse come una delle forme narrative dominanti: tra i personaggi più noti c'era Fantomas, genio del crimine, creato da Louis Feuillade. Il regista francese, dopo il primo episodio (il più noto, in cui il protagonista condannato a morte scappa, lasciando sulla ghigliottina un attore cammuffato come lui) girerà altri quattro mediometraggi, prodotti dalla Gaumont, che uscirono tra il 1913 e il 1914. Il personaggio ebbe talmente successo che tornò innumerevoli volte sul grande schermo: negli anni '60, in diverse pellicole, venne interpretato da Jean Marais.
INGEBORG HOLM di Victor Sjostrom
In molti lo ricordano unicamente come protagonista de Il posto delle fragole di Ingmar Bergman, ma Victor Sjostrom fu uno dei principali autori (non solo del cinema scandinavo) del periodo del muto. La sua opera più famosa è Il carretto fantasma (1921) ma i suoi esordi dietro la macchina da presa risalgono al 1912. Ingeborg Holm è il suo film più affascinante degli anni '10. Protagonista è una famiglia borghese: il padre si ammala fino a morire, la madre cerca invano di tenere i figli con sé, scivolando sempre più verso la povertà e la pazzia. Lunghi piani sequenza e il notevolissimo spessore psicologico dei personaggi rendono Sjostrom un vero maestro, che andrebbe riscoperto e studiato.
DIE LANDSTRASSE di Paul von Woringen
Uno dei film tedeschi più importanti del decennio, Die Landstrasse (di cui purtroppo non sono disponibili immagini) definì i caratteri dell'Autorenfilm del periodo. La storia narra di un delitto commesso in un piccolo villaggio da un evaso: un mendicante è accusato ingiustamente dell'omicidio ma viene scagionato dalla confessione dell'ex detenuto sul letto di morte. Il film è ricco di piani sequenza tesi a esplorare le potenzialità del mezzo cinematografico. Tra il personaggio dell'evaso e quello del mendicante, von Woringen inserisce inquietanti parallelismi, sofisticati sia dal punto di vista narrativo che da quello visivo.
MA L'AMOR MIO NON MUORE di Mario Caserini
Il film che fissò le coordinate del melodramma italiano e lanciò nel firmamento divistico la protagonista Lyda Borelli: Ma l'amor mio non muore è una vicenda dal sapore tragico, che tratta di amori tormentati, separazioni e morti terribili. Il filone, di cui Ma l'amor mio non muore è l'esempio più luminoso, era ambientato costantemente nel mondo dell'alta borghesia, tra intrighi e passioni, erotismo e delitti, con grande presenza di costumi appariscenti e lussureggianti.
La rivale storica della Borelli era Francesca Bertini.
MOTHERING HEART di David Wark Griffith
Praticamente impossibile non citare un film di David Griffith in una classifica sui primi anni '10 della storia del cinema. Nel 1913, tra i tanti, uno dei suoi lavori più significativi è Mothering Heart con protagonista la musa Lillian Gish nei panni di una giovane moglie, in attesa di un bambino, che scopre una tresca tra il marito e una signora elegante incontrata in un caffé. La disperazione per la tragica morte del piccolo riunirà la coppia. Griffith è il più importante autore del decennio (come ben si evince dai successivi Nascita di una nazione e Intolerance) e lo dimostra fin da questo mediometraggio, ricco di sequenze indimenticabili, girato con grande classe e interpretato da un'attrice modernissima e di rara sensibilità.
QUO VADIS? di Enrico Guazzoni
Tratto dall'omonimo romanzo di Henryk Sienkiewicz, Quo vadis? fu il primo kolossal della storia, con 5.000 comparse, sfarzose scenografie e set tridimensionali che ricreavano l'antica Roma. Oltre due anni di riprese per un film simbolo del genere peplum del periodo, che incassò molto in tutto il mondo e fece scuola a tutte le latitudini. L'anno successivo uscirà Cabiria di Giovanni Pastrone, il capolavoro italiano degli anni '10, che forse, senza il precursore Quo vadis? di Guazzoni, non ci sarebbe mai stato.
LO STUDENTE DI PRAGA di Stellan Rye
Il film del 1913: Lo studente di praga è un prodotto ancora oggi indimenticabile, ricco di complesse sfumature psicologiche e di straordinari effetti speciali.
Seguendo la tradizione faustiana, il film racconta di un giovane studente che, dopo aver venduto al diavolo la propria immagine riflessa allo specchio, sarà perseguitato dal suo doppio fino al duello finale. Basterebbe la trama per capire di che "diavolo" (è proprio il caso di dirlo) di film stiamo parlando, in più nella parte del protagonista esordisce Paul Wegener, per decenni una delle figure più importanti dell'intero cinema tedesco.
GLI ULTIMI GIORNI DI POMPEI di Mario Caserini ed Eleuterio Rodolfi
Preso da passione per la bella Jone, il sacerdote egizio Arbace fa impazzire con un filtro l'innamorato della ragazza, che viene condannato a perire nell'arena. L'eruzione del vulcano farà riunire i due giovani che riusciranno a salvarsi. Altro esempio di peplum italiano dell'epoca, che fece scuola per scenografie ed effetti speciali: Gli ultimi giorni di Pompei dimostra anche la grande versatilità di un autore come Caserini, qui affiancato da Eleuterio Rodolfi. Tra i tanti momenti di rilievo, le immagini della lava incandescente del vesuvio non si dimenticano. Con lo stesso titolo vennero fatti altri film nel 1926, diretto da Carmine Gallone, e nel 1959 da Mario Bonnard.
E infine, dopo una top 10 di pellicole in live action, non dimenticatevi che nel 1913 si amava sperimentare moltissimo anche con il cinema d'animazione...
THE ARTIST'S DREAM di John Randolph Bray
In questi anni l'animazione iniziava a essere una pratica sempre più comune nell'industria americana: anche nel campo dei disegni animati la divisione del lavoro permetteva tempi di lavorazione più rapidi e più economici. Citando il classico volume di Bordwell-Thompson, i primi grandi animatori dell'epoca, Emile Cohl e Windsor McCay, lavoravano realizzando un grandissimo numero di disegni; McCay si serviva di un assistente solo per tracciare gli sfondi su carta. Nel 1913 però il corto più significativo è stato The Artist's Dream (disponibile integralmente su youtube: https://www.youtube.com/watch?v=1DFgvqA1eCw) di John Randolph Bray, regista che escogitò un metodo per automatizzare il processo d'animazione: è stato il primo a utilizzare il rodovetro (un particolare foglio in aceto sul quale l'animatore dipinge il singolo frame) e, soprattutto, ad avere uno sfondo fisso (stampato su diversi fogli) da riutilizzare a proprio piacimento. Ancora oggi è un vero sogno d'artista, tutto da godere.