Il suo ultimo film, Flight, uscito nelle sale lo scorso inverno, ha lasciato senza dubbio un senso di malinconia in chi ha ricordo del Robert Zemeckis touch, capace di dare vita ad opere grandiose, entrate nell’immaginario comune con la delicatezza prorompente dei capolavori, del calibro di Forrest Gump, Ritorno al Futuro o... Chi ha incastrato Roger Rabbit?, che quest’anno compie il suo primo quarto di secolo. 25 anni, eppure a rivederlo oggi possiede ancora una modernità e uno sguardo così innovativo che si potrebbe quasi pensare che sia un prodotto dei nostri giorni. La storia di un detective alcolizzato e depresso (Bob Hoskins) che si rifiuta di lavorare per i cartoni animati dopo che uno di loro ha assassinato suo fratello, prende una piega improvvisamente diversa quando si imbatte nel coniglio Roger, cercando di salvare cartoonia dalle mani del perfido giudice Morton (Christopher LLoyd). Una trama da noir, con tutti i leitmotiv del genere – mistero, proibizionismo, interessi, una femme fatale molto particolare e proprompente (Jessica Rabbit) – ma con la spensieratezza e le risate che solo i cartoni animati sanno regalare, benché questo sia uno degli esempi più eclatanti di come non siano solo una faccenda per bambini.
Zemeckis, infatti, in tutta la sua carriera ha sempre avuto un occhio di riguardo verso l’animazione, in particolare negli ultimi anni verso la motion capture – tra film riusciti (A Christmas Carol), semi riusciti (Polar Express) e falliti (La Leggenda di Beowulf) – e quindi non c’è da stupirsi se un capolavoro come Chi ha incastrato Roger Rabbit? sia frutto del suo genio. Certo, la tecnica mista di animazione e live action non è sicuramente una sua innovazione, visto che di precedenti illustri ce ne sono parecchi, da I racconti dello zio Tom a Elliott il Drago Invisibile, passando per Mary Poppins e Pomi d’ottone e manici di scopa, tutti di proprietà Disney. In realtà anche Chi ha incastrato Roger Rabbit? avrebbe dovuto essere Disney (mentre è rilasciato Touchstone Pictures per le troppe allusioni sessuali), e al timone avrebbe dovuto esserci Terry Gilliam, che rifiutò per la difficoltà di adattamento del romanzo di Gary Wolf. La strada spianata a Zemeckis, con alle spalle Steven Spielberg produttore, ha permesso quindi la realizzazione di un film perfetto, comico e tecnicamente impeccabile, tanto da guadagnarsi 4 statuette (Miglior montaggio, miglior montaggio sonoro, migliori effetti speciali e miglior creazione e direzione delle animazioni) e da essere inserito nei 1000 migliori film di sempre secondo la classifica del New York Times. Pensare che quest’opera è stata d’ispirazione per il pessimo Cool World e per Space Jam fa sorridere, soprattutto perché passano gli anni e ancora nessuno è arrivato a questi livelli, nonostante i passi da gigante fatti dalla tecnologia siano enormi. Vorrà dire pur qualcosa, no?