In un panorama cinematografico/editoriale ricco di supereroi, ci sono alcuni casi che sfuggono l’inflazione, che restano affascinanti perché indipendenti, coraggiosi, senza alcun timore di rischiare di esagerare o di uscire dagli schemi predefiniti. È questo il caso di un fumetto del 2008, che in Italia è – colpevolmente? – arrivato solo nel 2010 a seguito dell’incredibile successo, frutto del passaparola, della sua trasposizione cinematografica. Kick Ass, di Mark Millar e John Romita Jr – disegnatore, tra gli altri, di alcuni episodi di Spiderman, Devil, Thor, Iron Man e Punisher – è infatti un’opera che, a modo suo, risulta unica nel contesto in cui è inserita, dove ormai i supereroi sembrano riprodotti con lo stampino, in modo seriale, senza alcuna evidente novità e dove, almeno sulla carta stampata, solo i grandi classici sembrano salvarsi dalla deriva culturale e dalla mancanza di idee nuove cui ci si sta dirigendo.
“Perché c’è gente che vuole diventare Paris Hilton e nessuno vuole diventare Spiderman?”
La storia infatti tratta di un ragazzino, Dave Lizewski (Aaron Johnson) che, spinto da questa domanda, decide di diventare un eroe, anche senza alcun superpotere. Lui è un ragazzo come tanti: ama i fumetti, i videogames ed è ignorato dalle ragazze, considerato un nerd ma non al punto da divenire un personaggio. La muta da sub verde acquistata su e-bay, unita ai manganelli verdi, lo trasformerà in Kick Ass, e così cambierà tutta la sua vita, soprattutto grazie all’incontro con la giovanissima Mindy Macready (Chloë Moretz) e suo padre Damon (Nicholas Cage), aka Hit Girl e Big Daddy, loro davvero supereroi e capaci di distruggere, anche con la violenza, gli affari di Frank D’Amico (Mark Strong), chiamato Genovese nel comic. Nonostante la sua inettitudine, Kick Ass diventa fenomeno di massa grazie al suo coraggio e alla sua folle caparbietà, tanto che D’Amico se ne preoccupa, al punto da mandare suo figlio Chris/Red Mist, coetaneo di Kick Ass come talpa...
“Da nessun potere non deriva nessuna responsabilità”
Una frase, quella di Dave, che apre la strada a due diversi ragionamenti riguardanti la graphic novel e il film. Innanzitutto l’aspetto citazionistico, uno dei tratti distintivi dell’aspetto postmoderno
dell’opera in generale, dove è comunque difficile distinguere la linea sottile tra omaggio e parodia, dato il tono misto tra splatter e ironia in cui ci si muove nello svolgersi della trama. Certo è che è impossibile non ricondurre quella citazione alla celeberrima «da grandi poteri derivano grandi responsabilità» di Spiderman, come, del resto, il costume di Big Daddy (nel film) ricorda in maniera palese Batman. Nel film, ma assente nel fumetto, il monologo di Dave di fronte allo specchio la prima volta che indossa i panni di Kick Ass, dove il discorso ricorda quello celeberrimo che Robert De Niro/Travis Bickle aveva pronunciato in Taxi Driver. Ma, oltre ai riferimenti alle altre opere, la frase in questione permette anche di ragionare sulla personalità di Dave/Kick Ass, un personaggio che non ha potere, «più che altro bravo a prenderle», con molto coraggio, ma che si troverà invischiato in una storia più grande di lui, in cui, nonostante tutto, la responsabilità sarà altissima e si troverà in debito con Hit Girl e suo padre nei confronti di D’Amico. Inoltre, si potrebbe anche pensare alla frase come un elemento quasi parodistico, anche se, è da dire, è la trasposizione cinematografica a calcare maggiormente la mano su questo aspetto, tanto da far risultare difficile una definizione di genere per quanto riguarda Kick Ass.Infatti, se da un lato il film di Matthew Vaughn – in cui sono presenti anche alcune sequenze animate a fumetti, disegnate dallo stesso Romita Jr. – si prende poco sul serio, dall’altro, però, riesce invece a ridare la stessa sensazione di indipendenza che si respira nel comic, riuscendo, di fatto, ad elevarsi dalla massa dei film sui supereroi pur facendone solo relativamente parte. Fa strano pensare che la critica abbia apprezzato moltissimo questo film, pur condannandone la volgarità e le scene violente: se è vero che lo stile dello splatter e dei dialoghi è quello che farebbe impazzire di gioia Quentin Tarantino, è altrettanto vero che la pellicola è una versione edulcorata di ciò che si può leggere tra le pagine di Millar, molto più crudo e spietato. Sarà forse per questo che il film è arrivato in Italia solo nel 2011, in colpevole ritardo di un anno rispetto alle sale statunitensi, dove già impazzava la mania Kick Ass, tanto che un secondo capitolo a fumetti stava nascendo, portando alla creazione di un sequel del film che in questi giorni uscirà nelle nostre sale.
“Il mio nome è Hit Girl”
Nicholas Cage, amante di fumetti di supereroi – e che, non si capisce perché, abbia accettato di interpretarne uno dei peggior mai girati: Ghost Rider – si trova perfettamente a suo agio nei panni di Big Daddy: cinico e così naturale nella violenza insegnata alla figlia da risultare anche comico. Aaron Johnson è una piacevole scoperta che riesce a riportare il carattere introverso di Dave, timido e con alcuna caratteristica peculiare, solo “con il superpotere di essere invisibile agli occhi delle ragazze”: un adolescente qualsiasi, con nessuna conoscenza in fatto di arti marziali e che, infatti, spesso finisce per versare litri di sangue dalle botte che prende.
Senza dubbio, nonostante il titolo lasci pensare il contrario, la vera protagonista dell’opera è Hit Girl. Ragazzina sfacciata, violenta, cui è stata rubata l’infanzia da un padre ossessionato dalla vendetta (anche se le ragioni da comic a grande schermo variano) e che l’ha educata alle arti marziali e all’uso delle armi, grazie alle quali, in nome della giustizia, combatte in sequenze da divieto ai minori (nel comic), mentre nel film, in cui la ragazzina è interpretata da Chloë Moretz, astro nascente del cinema contemporaneo – ha già lavorato con Tim Burton e Martin Scorsese, oltre che essere protagonista del remake di Carrie – che riesce alla perfezione a rendere l’arrogante sfrontatezza della ragazzina, riuscendo effettivamente a trasportare sulla pellicola ciò che si è potuto ammirare sulla carta stampata.
Il sequel arriva nelle sale in questi giorni, e chi ha amato Kick Ass non può perderselo. Se è vero che questo nome suona parodistico per il protagonista, non si può certo dire la stessa cosa riguardo al film. Titolo perfetto.