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Creato il 31 agosto 2013 da Ifilms

locandina-film-die-frau-des-polizistenIl cinema tedesco arriva in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia grazie all’affascinante dramma psicologico di Philip Gröning, autore interessato alla medicina e alla filosofia noto principalmente per il documentario sulla vita dei monaci certosini in un convento francese Il grande silenziodel 2005 (di cui curò regia, soggetto, sceneggiatura, fotografia e montaggio) che riscosse un notevole successo di critica, aggiudicandosi il Premio speciale della giuria al Sundance Film Festival, dopo essere stato presentato nella sezione Orizzonti alla kermesse veneziana.

 

Un uomo, una donna, una bambina. Una lucida e dolorosa ricognizione sulla degenerazione dei rapporti familiari. L’apologo che compone Gröning si muove in direzione ostinata e contraria rispetto alla via più facile che il pubblico vorrebbe trovarsi di fronte agli occhi. La ripetitività dei piccoli gesti quotidiani è messa in immagini con coraggio, frammentando la narrazione in 59 piccoli capitoli (meticolosamente scanditi da un inizio e da una fine) apparentemente slegati tra loro, volti ad una descrizione d’insieme di taglio impressionista. La calma apparente che trasmettono le azioni dei personaggi è minata da una sotterranea violenza latente, che solo sporadicamente esplode in litigi e scontri fisici tanto realistici quanto disturbanti.

La camera fissa che indugia su corpi e oggetti dilatando i tempi a dismisura, permette al regista di esaltare una suggestiva “poetica del silenzio” sostenuta con coraggio, riducendo al minimo i dialoghi e rinunciando alla colonna sonora. Una scelta stilistica così radicale, unita ad una sceneggiatura che rifiuta uno sviluppo lineare della vicenda, costringe lo spettatore a confrontarsi con un’opera volutamente ostica e respingente. Una volta superata la legittima diffidenza iniziale, è però impossibile non lasciarsi conquistare dall’atmosfera rarefatta e opprimente della pellicola, i cui ascendenti nordici nell’analisi del rapporto di coppia sono molto evidenti.

Alexandra Finder e David Zimmerschied sono perfetti nel mettere in luce i lati più oscuri della psiche umana, in cui i legami familiari fungono da detonatore per un devastante quanto inaspettato crescendo di impulsi violenti. Qualche fastidiosa pretesa autoriale di troppo impedisce però il pieno e completo apprezzamento di un film che si candida, in ogni caso, a rimanere uno dei titoli più interessanti di tutto il concorso.

 

Voto: 2,5/4 


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