Magazine Cinema

i-FILMSonline

Creato il 12 settembre 2013 da Ifilms

les-chebabs-de-yarmouk

Chebabs: in arabo, i giovani. Yarmouk: il più grande campo profughi palestinese in Siria, alle porte di Damasco, che dal 1948 “ospita” al suo interno una comunità arrivata a contare 100.000 rifugiati. Il giovane documentarista francese Axel Salvatori-Sinz, con un passato da antropologo e una profonda conoscenza delle culture arabe e musulmane, presenta al Milano Film Festival il suo primo lungometraggio, girato con pochi mezzi e praticamente in clandestinità.
Il film entra nella vita quotidiana di un gruppo di ragazze e ragazzi del campo, Ala’a, Hassan, Samer, Tasneem e Waed, mostrandoci la precarietà e le disillusioni di questi giovani privi di un'identità e di una madrepatria. Anziché optare per l’intervista diretta, il regista sceglie di introdursi silenziosamente nelle loro conversazioni, filmandoli senza quasi interagire con loro: c’è chi tenta in tutti i modi di scappare, chi accetta il frustrante servizio militare pur di accedere ai diritti di cittadinanza, chi si sente soffocare in quel chiuso microcosmo sovrappopolato, chi nonostante tutto non smette di sognare.


La cosa che più colpisce di questi “chebab”, disponibili ad aprirsi con sorprendente autenticità davanti alla camera, è il fatto che le aspirazioni, i progetti e il disagio sono gli stessi dei loro coetanei di tutto il mondo. Lo spirito rivoluzionario della causa palestinese che aveva animato i loro genitori sembra sopravvivere ormai solo nei canti che persino gli anziani stanno dimenticando e nelle immagini di Che Guevara che si alternano sulle t-shirt ai loghi delle squadre di calcio italiane: ideologicamente disincantati (davvero interessante a questo proposito è il confronto tra le due generazioni presenti nel campo), Hassan e gli altri vogliono semplicemente istruirsi, lavorare, innamorarsi, costruire un futuro migliore per i propri figli.
Il doc di Salvatori-Sinz, certamente imperfetto e senza picchi dal punto di vista tecnico, é però dotato una disarmante sincerità, oltre ad essere, come ha dichiarato lo stesso regista, ormai un prezioso materiale d’archivio. Girato tra il 2009 e il 2011, il film si chiude alle soglie della rivoluzione: due anni dopo, le bombe e la guerra civile hanno cambiato completamente la vita a Yarmouk e le esistenze di questi ragazzi sono diventate, se possibile, ancora più difficili.

Voto: 2,5/4

 


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :