Ed è da questa discussa frase che prende le mosse il documentario di Errol Morris sulla vita e sulla carriera di Rumsfeld. The Unknown Known ha in quella celebre conferenza stampa un magnifico prologo, ma poi vola indietro nel tempo, ripercorrendo la carriera di Rumsfeld da quando si muoveva con scaltrezza nel sottobosco repubblicano nei primi anni ’70, passando per quando diventò il più giovane segretario della difesa degli USA sotto Gerald Ford e poi per il parziale declino durante gli anni ’80, fino ad arrivare al ritorno in auge proprio sotto George W. Bush, che gli affiderà nuovamente l’incarico della Difesa. Morris si concentra infine sulla gestione della guerra in Iraq da parte di Rumsfeld, toccando tutti i temi caldi di quella guerra, dall’inesistenza delle armi di distruzione di massa a Guantanamo ed Abu Grahib.
The Unknown Known si presenta, nella struttura e nei propositi, come il seguito di The Fog of War, il celebre documentario in cui Morris metteva alle strette Richard MacNamara. Questa volta però la situazione è diversa, in quanto non ci sono eventi di un lontano passato da riesumare nè un ex politico che racconta, in modo sofferto, l’innegabile “senso” della guerra, ma c’è un uomo assolutamente a suo agio con ciò che ha commesso e che non intende assolutamente nascondere le proprie responsabilità, un uomo freddo, pragmatico, totalmente anti-intellettuale e di una razionalità luciferina, capace di sconfiggere a colpi di giochini logici e contorsioni retoriche qualsiasi critica (celebre la sua frase “the absence of evidences doesn’t mean the evidence of the absence”, sempre a proposito della armi mai trovate). La sfida di Morris diventa dunque quella di riflettere sulla paradossale inaffidabilità della logica e della razionalità in un contesto come quello della guerra moderna: seppur insindacabilmente razionali, le conclusioni di Rumsfeld hanno portato alle peggiori conseguenze possibili, senza che lui stesso se ne accorgesse.
Come i precedenti The Fog of War e Mr. Death dunque, The Unknown Known è opera fondamentale, che dimostra, ancora una volta, l’incapacità dell’uomo di controllare il corso delle cose e della Storia, ma anche l’impossibilità di avere un punto di vista sicuro e moralmente inattaccabile attraverso cui giudicare il passato. Come i precedenti documentari di Morris, un film da vedere.
Voto: 3/4