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Creato il 19 novembre 2013 da Ifilms

TheCongress locandinaQuando, nel 2008, il regista israeliano Ari Folman si fece conoscere con Valzer con Bashir, tutti ci inchinammo di fronte a quel doloroso e intenso atto d’accusa contro gli orrori e l’assurdità delle guerre. Cinque anni dopo, Folman è tornato con The Congress, presentato nella sezione Quinzaine des Réalisateurs a Cannes 2013: il film resta ancora inedito in Italia, nonostante la presenza di note star americane come Robin Wright, Harvey Keitel e Paul Giamatti.

Peccato, perché ancora una volta l’eclettico cineasta (anche documentarista e sceneggiatore televisivo) si è dimostrato uno dei più intelligenti sperimentatori contemporanei della tecnica d’animazione, pur operando anni luce dai mezzi dei grandi blockbuster americani. Se in Valzer con Bashir la stilizzazione del disegno trasfigurava con efficacia l’orrore della guerra in Libano, qui animazione e live action si mescolano e contaminano in un curiosissimo ibrido.

 

Liberamente ispirato al racconto sci-fi The Futurological Congress di Stanislaw Lem, Robin Wright vi interpreta se stessa, tra realtà e fantasia. Diva in declino alle prese con un figlio disabile, accetta una singolare richiesta da parte della major Miramount (crasi tra Miramax e Paramount e simbolo di tutto il sistema industriale hollywoodiano): il suo corpo sarà scansionato e trasformato in un alter-ego virtuale che reciterà al suo posto nelle produzioni a venire. Ritroviamo Robin vent’anni dopo, quando la digitalizzazione dei corpi ha superato i confini della settima arte: grazie a una speciale sostanza, è possibile smaterializzarsi e trasformarsi nella versione cartoon di qualunque persona o cosa si desideri.

Film ambiziosissimo e dall’impianto filosofico-politico assai complesso, The Congress è una riflessione sul cambiamento radicale che nuove tecnologie come la motion capture stanno apportando alle regole della cinematografia, rendendo realizzabile il paradosso di un cinema senza esseri umani. Ma la pellicola va oltre la dimensione artistica, proponendo la parabola fantascientifica distopica di un mondo dove si allontana il dolore rifugiandosi in una realtà artificiale, nella quale sogno e illusione sostituiscono la vita vera. Un’opera che mette tantissima carne al fuoco, rendendo la narrazione spesso faticosa: la cornice soffoca il quadro e il regista non ripete l’exploit del film precedente.

A livello visivo, tuttavia, il film è tra i più affascinanti visti di recente, denso di innumerevoli riferimenti alla cultura pop e a secoli di filosofia, scienza e religione. Impossibile non pensare alla Cartoonia di Chi ha incastrato Roger Rabbit?, quasi The Congress ne fosse una sorta di rielaborazione lisergica e nichilista. Folman omaggia lo stile animato anni trenta dei fratelli Fischer (i padri di Betty Boop e Popeye), cita esplicitamente Il Dottor Stranamore e infarcisce il film di “camei” illustri, da Tom Cruise a Steve Jobs, trasfigurato nell’inquietante Reeve Bobs. A fare da perfetto contrappunto sonoro alla visionarietà delle immagini, infine, ci pensa la soundtrack potentissima e coinvolgente di Max Richter, già autore delle musiche di Valzer con Bashir.

 

Voto: 2,5/4


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