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Creato il 24 novembre 2013 da Ifilms

locandina-blood-preassureNicole Trestman (Michelle Giroux) è una quarantunenne insoddisfatta della sua esistenza grigia e monotona, fatta di casa, cucina, famiglia. Il matrimonio logoro, il rapporto problematico con i figli, il lavoro umiliante non fanno che aumentare di giorno in giorno la sua frustrazione, fino a quando una lettera, la prima di una lunga serie, arriva a movimentare la quotidianità: uno sconosciuto dimostra di conoscere alla perfezione ogni abitudine, ogni comportamento, ogni piccolo gesto della donna. All’iniziale perplessità subentra il desiderio di saperne di più.

Blood Pressure, presentato al 31 Torino Film Festival nella sezione Festa Mobile, è il quinto lungometraggio del canadese Sean Garrity, vincitore del premio per la migliore opera prima al Festival di Toronto (Inertia, 2001), del CityTv a Vancouver (Lucid, 2005) e del premio del pubblico al Festival di Calgary (My Awkward Sexual Adventure, 2012), che ha adattato il racconto Killing Someone di Bill Fugler.

Nonostante le premesse non certo scoraggianti, davvero non si riesce a comprendere la presenza del film all’interno di un contesto festivaliero. L’operazione, chiaramente studiata a tavolino, ha tutte le caratteristiche per essere giustamente disprezzata o doverosamente ignorata, non essendo collocabile in nessun genere definito ma volendo sfiorarli tutti.

Il disagio di una donna sulle soglie della mezza età che inizia a “volere altro” e a “liberarsi dalle sovrastrutture in cui cerchiamo di imbrigliare la nostra vita” (secondo le dichiarazioni di Garrity) viene sviluppato (o meglio, avviluppato) da un intreccio inutilmente macchinoso che non riesce a comunicare i reali intenti celati dalle azioni dei personaggi. Da qui un’assurdità di fondo che pervade la vicenda, a partire dalle cause scatenanti (le motivazioni del misterioso persecutore), proseguendo nella narrazione (le “prove” a cui la protagonista viene sottoposta per dimostrare la sua “lealtà”) per arrivare ad una chiosa tanto retorica quanto deprimente (il ritorno alla stabilità dopo le tentazioni dell’ignoto).

Prove attoriali mediocri e una regia piatta (nonostante qualche tentativo di originalità, francamente pietoso) completano un quadro che sfiora l’inqualificabile.

Voto: 1,5/4


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