Calato in un paesaggio desertico paradossalmente freddo e asettico (siamo a Reno, Nevada), il film racconta dell’incontro tra due uomini. Martin Bonner, pacato ex manager di una struttura ecclesiastica e reduce da una crisi esistenziale, lavora ora in un programma di reinserimento nella società di carcerati promosso da una chiesa metodista; ama l’arte, la musica e la lettura, che lo consolano della lontananza dai due figli. Travis Holloway esce di prigione dopo dodici lunghi anni, per scoprire che la tanto attesa libertà significa soprattutto dover ricominciare da zero da soli, fare i conti con la zavorra di un rimorso inestinguibile, ricucire i rapporti con la figlia.
Tra due personalità tanto diverse nasce inaspettatamente un’intesa e un’amicizia spontanea: l’uno sarà ancora di salvezza per l’altro.
Non succede quasi nulla in questo piccolissimo film girato da Hartigan in buona parte grazie al crowdfunding raccolto sulla piattaforma Kickstarter (consuetudine sempre più diffusa presso le produzioni indipendenti americane): ma in quel “quasi nulla” c’è l’incontro tra due solitudini alle prese con il proprio bilancio esistenziale, l’incomunicabilità della società contemporanea, la difficoltà dell’essere genitori.
Meravigliosamente interpretato dai due protagonisti Paul Eenhoorn e Richmond Arquette, accompagnato da una soundtrack intensa e coinvolgente, This Is Martin Bonner difficilmente vedrà il buio delle sale italiane: intanto, dalla kermesse torinese, se ne sta lì a dirci che il cinema indie a stelle e strisce gode ancora di ottima salute.
Voto: 3/4