Il ritorno di David Gordon Green? Prince Avalanche, Orso d'Argento per la miglior regia all'ultimo Festival di Berlino, ha segnato la prima tappa di una nuova fase nella carriera dell'autore americano, proseguita con l'ottimo Joe, visto in concorso alla Mostra di Venezia 2013.
Classe 1975, Gordon Green negli ultimi anni si era piegato alla logica commerciale del mercato hollywoodiano (basti pensare a Strafumati) dopo aver ottenuto un buon successo di critica grazie all’esordio George Washington (2000) e ad altri prodotti toccanti e fin poetici. Prince Avalanche rappresenta così un ritorno alle origini e, finalmente, a un cinema indipendente e personale.
Presentato nella sezione Festa Mobile del Torino Film Festival, il film è ambientato in Texas nell’estate del 1988 e racconta degli operai Alvin (Paul Rudd) e Lance (Emile Hirsch), costretti a ridipingere la segnaletica di un’interminabile strada di campagna. Presi dallo sconforto a causa dell’isolamento in cui vivono, sentono fortemente la mancanza delle cose per loro più importanti: feste e ragazze per Lance, l’adorata fidanzata (sorella maggiore del compagno di sventure) per Alvin, alla quale il ragazzo scrive appassionate lettere d’amore.
Remake dell’islandese Either Way (trionfatore del Torino Film Festival 2011, particolarmente apprezzato da Gordon Green per le affinità con la propria sensibilità artistica), Prince Avalanche nasconde, sotto i toni della commedia, una nostalgia e una malinconia di fondo che rendono l’opera poetica, anche se eccessivamente furba nel calcare la mano sulle immagini del paesaggio circostante.
Nonostante l’eccessiva durata e alcune ambizioni filosofiche di troppo, il film nel complesso convince, grazie soprattutto ad una riflessione non scontata sulla solitudine e alle più che discrete interpretazioni dei due attori protagonisti.
Voto: 2,5/4