Nel Giappone brutalizzato dalla Seconda guerra mondiale tre personaggi incrociano le loro esistenze. Una prostituta frigida cerca il piacere che non ha mai conosciuto; uno scrittore fallito non riesce a concepire la desolazione in cui è precipitato il suo Paese e profetizza la fine della guerra e la sua morte imminente; un reduce mutilato del braccio destro è perseguitato dagli orrori commessi al fronte. Junichi Inoue, dopo svariate collaborazioni in veste di assistente alla regia e un episodio del film antologico A Hole in Underpants, esordisce in concorso al 31 Torino Film Festival con il lungometraggio A woman and war, ritratto di una nazione martoriata e inconsapevole che ha perso i suoi punti di riferimento, identificati dal mondo occidentale nel decoro, nel pudore e nell'adamantino codice d'onore che regola la sfera civile e quella militare.
Tutto questo scompare nell'opera di Inoue: i protagonisti sono rappresentanti primi e ultimi di un'umanita misera e sperduta, dominata dal rimorso (nel caso del reduce), e dall'incomprensione (la prostituta e lo sceneggiatore). L'equivalenza netta tra sesso e violenza corre come un fil rouge attraverso le immagini: l'atto copulatorio è spogliato di ogni valenza affettiva o erotica ed eletto a emblema di soppraffazione e dominazione, metaforizzando lo stravolgimento fisico ed emotivo dei personaggi e dello stesso Giappone.
Il problema sta nella modalità di rappresentazione: lo stile è indefinito, a metà tra velleità documentaristiche (camera a mano, inquadrature traballanti e fuori fuoco), effettistiche (con scarsi risultati, ai limiti del dilettantismo) e tentate geometrie, il più delle volte mancate e totalmente fuoti contesto quando riuscite: il prefinale, con la macchina da presa ferma sul primo piano del soldato che confessa i suoi crimini, è senza dubbio notevole ma stona tra tante brutture formali, soprattutto se associato ad una conclusione raffazzonata e didascalica.
"La gente tende a dimenticare; i giapponesi, in particolare, dimenticano molto facilmente. [...] Come regista, il mio scopo era girare un film che parli di argomenti che altrimenti i giapponesi dimenticherebbero." Nobili intenti che però non bastano a salvare un'operazione mediocre.
Voto: 2/4