Interamente girato con un filtro in bianco e nero che omaggia il cinema d’epoca, il documentario si snoda attraverso questo eccezionale percorso professionale ed esistenziale, partendo dai ricordi di Renzo dedicati al genitore e al fortunato sodalizio artistico con Fellini. Rivive così una stagione irripetibile del nostro cinema attraverso le parole, lucide e toccanti, di uno dei suoi silenziosi protagonisti.
Diomà, però, non si limita a cercare un excursus nostalgico da parte dell’intervistato, ma lo interroga anche su ricordi extracinematografici, come l’esperienza radiofonica e il buio periodo degli anni di piombo e dell’assassinio di Aldo Moro. Ben presto emerge la volontà di tracciare un parallelismo con la situazione odierna e la crisi nera della cinematografia italiana degli ultimi anni, di cui vengono esplorate le contraddizioni, i rapporti con il potere politico e le difficoltà per i giovani autori di fare un cinema veramente libero. La vis polemica è evidente nelle intenzioni di Diomà e trova perfetto contraltare nelle idee disincantate del suo interlocutore.
Peccato che le domande dell’intervista si alternino - oltre che alle bellissime immagini dei film citati - a un’inspiegabile sequenza, totalmente scollata dal resto, in cui il regista ritrae se stesso (in uno stile che ricorda molto l’onirismo della sua precedente opera, L'ultimo sogno di Howard Costello). Restano comunque le parole di Renzo Rossellini, da ascoltare con molta attenzione. Il film è interamente visibile su YouTube.