Carissimi,
è passato davvero molto tempo dal mio ultimo post del Salotto, ma altrettante vicissitudini si sono avvicendate in questi mesi, alcune delle quali mi hanno letteralmente impedito di scrivere al computer.
Come quando si rientra dalle vacanze e, per prima cosa, si aprono porte e finestre per rinnovare l'aria di casa, ecco rinfrescati i locali del vostro Salotto Regency! Se dovessi descriverlo in termini di design d'arredo, direi che ho optato per un taglio moderno minimalista con chiari richiami al classico elegante. ^_^ Battute a parte, spero vi piaccia questa nuova veste e che vi sentiate come sempre i benvenuti nel mio salottino culturale!
Il primo passo è fatto, ma non voglio lasciarvi orfani di un consiglio letterario, perciò ripropongo in questa sede la mia recensione per un libro letto e commentato con il Club del Libro (reale), il Tea & Tales Book Club, fondato con Aurore (carissima amica di Biscotti Rosa e tralala), un gruppo di ottime persone con le quali ho il piacere di condividere l'amore per la lettura e del quale vi segnalo come sempre il blog dedicato alle sole recensioni dei libri a cadenza mensile: Blog T&TBC.
Il libro in questione è tanto famoso, quanto discusso, quello che segue è il mio modesto parere da acerba conoscitrice di Queneau e altrettanto umile lettrice di testi filosofici, buona lettura!
'I fiori blu' di Raymond Queneau
«Appena presi a leggere il romanzo pensai subito: È intraducibile!... ma il libro cercava di coinvolgermi... mi tirava per il lembo della giacca, mi chiedeva di non abbandonarlo alla sua sorte, e nello stesso tempo mi lanciava una sfida»Italo Calvino
Titolo originale: Les fleurs bleues
Autore: Raymond Queneau
Casa editrice: Einaudi
Collana: ET Scrittori
Traduzione: Italo Calvino
Pagine: 278 brossura
Anno di pubblicazione: 1967 1° Ed. It. / ultima 2005
Prezzo: € 11,00
ISBN: 9788806175160
Trama Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d'Auge salí in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la situazione storica. La trovò poco chiara. Resti del passato alla rinfusa si trascinavano ancora qua e là. Sulle rive del vicino rivo erano accampati un Unno o due; poco distante un Gallo, forse Edueno, immergeva audacemente i piedi nella fresca corrente. Si disegnavano all'orizzonte le sagome sfatte di qualche diritto Romano, gran Saraceno, vecchio Franco, ignoto Vandalo. I Normanni bevevan calvadòs...
Raymond Queneau (Le Havre 1903 - Parigi 1976) fu uno scrittore attratto da molteplici discipline (filosofia, matematica, linguistica, psicoanalisi), ognuna delle quali trasfuse nelle sue opere letterarie. Il suo giovanile avvicinamento al movimento surrealista (dal 1924 al 1929) è testimoniato da Odile. Mentre implicazioni gnoseologiche, colorate da humour e invenzioni verbali contraddistinguono i successivi romanzi ambientati nella provincia e nei sobborghi urbani francesi. Sono stati pubblicati presso Einaudi Pierrot amico mio («ET Scrittori»), Zazie nel metró («ET Scrittori»), I fiori blu («ET Scrittori»), La domenica della vita, Figli del limo («Einaudi Tascabili»), Piccola cosmogonia portatile («Collezione di poesia»), Esercizi di stile («ET Scrittori», «Super ET» e «Supercoralli»), Suburbio e fuga («ET Scrittori»), Icaro involato («ET Scrittori»), Troppo buoni con le donne («ET Scrittori»), Un rude inverno («Letture Einaudi», 2009) e Hazard e Fissile («L'Arcipelago Einaudi», 2011). È stato direttore dell'Encyclopédie della Pléiade Gallimard e nel 1960 fu tra i fondatori dell'Oulipo.
I suoi Romanzi sono raccolti in un volume della Biblioteca della Pléiade Einaudi-Gallimard.
Recensione
Queneau è astruso quanto il suo cognome, si sa.Ignari e forse per questo più ricettivi in tema di aspettative, ci siamo avventurati nella lettura, accorgendoci dopo pochi capitoli di aver già perso la bussola nel continuo scambio d’identità dei protagonisti.
Il disorientamento ha avuto almeno il merito di spronarci a proseguire nella storia per trovare un nesso all’altalena spazio-temporale che appare in superficie, dipanare quell’alternanza senza scopo apparente per soddisfare la nostra capacità di comprensione, messa in discussione da una trama disarmante e inaspettata.
L’unico collante evidente, ma solo a lettura inoltrata, si è rivelato il “sonno”, minimo comun denominatore tra i due - altrimenti opposti - protagonisti del libro, condizione necessaria al susseguirsi delle due storie parallele, assopimento necessariamente indotto dall’onnipresente tisana al finocchio, bevanda prediletta ed abusata da entrambi i protagonisti, con tutte le conseguenze che tale dipendenza comporta!
Cidrolin vive in riva alla Senna, su un barcone cui non manca niente per essere casa; di lui si conosce poco e quel che si sa è che qualcuno lo minaccia per qualcosa nascosto nel passato, imbrattando a male parole lo steccato davanti al suo rifugio natante.
Cidrolin è scialbo quanto una parete senza quadri e finestre, la sua vita si replica identica ogni giorno, tra repentini passaggi dal sonno alla veglia e viceversa, intercalati dalle solite indelebili abitudini parte della sua mancata personalità. Ogni evento fuori programma, sempre originato da personaggi o situazioni esterne, è avvertito da Cidrolin come una vera minaccia alla perfetta indolente continuità della propria esistenza, lo sforzo di ripristinare l’equilibro, che nel suo caso corrisponde alla tediosità, si riduce al ripristinare l’ordine delle cose, riparare “il meccanismo” inserendo, laddove viene a mancare improvvisamente, il primo ingranaggio buono a far ripartire il tutto.
Estremo in ogni parere, critico dissacrante del “sistema”, Il Duca, dal Regno alla Chiesa, non risparmia nessuno; si batte e dibatte contro tutto e tutti, ad armi, a parole, a sprezzo degli effetti, guidato dall’illusione che similmente aveva guidato Don Chisciotte contro i giganteschi mulini a vento. Sia Cidrolin che il Duca interpretano due figure dell’assurdo non lontane da Marcovaldo e dai Cavalieri della nota Trilogia di Calvino, ciò spiega in parte l’entusiasmo di quest’ultimo verso il testo di Queneau, di cui intraprese come una vera sfida la traduzione italiana, una lezione di linguaggio esemplare di cui egli stesso ci parla nell’istruttiva post fazione dell’edizione Einaudi.
I personaggi secondari sono appena visibili, eppure determinanti per muovere le due storie verso un finale comune che lasciamo a voi scoprire.
Per concludere, I fiori blu non è un libro semplice, neppure se lo si legge più volte e con maggior attenzione.
Il perché è presto detto, al di là dell’intuizione della trama, dei significati più evidenti che l’arguzia porta alla comprensione di tutti, questo librino è pieno zeppo di citazioni colte, critiche alla società francese, riflessioni sul significato della Storia e del suo valore latente, opinioni, censure, sberleffi che un lettore comune non può cogliere e comprendere a pieno, poiché manca di quel vasto bagaglio di conoscenze che Queneau pretende a prescindere in ogni sua opera.