Il ciuffo biondo stonava con il resto dell’abbigliamento. Rigorosamente scuro. Al massimo una scelta tra lucido ed opaco. Ma non una tinta che potesse uscire dalla gamma di colori limitrofi al nero. L’unica nota di colore era data dal ciuffo, spostato a sessioni ripetute come un perseverante ostacolo a cucù. E uno sguardo fisso, impegnato a carpire il significato delle parole nascoste nel libro “I fiori del male” di Charles Baudelaire.
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