La vetrina di un negozio di piante è piena di coccarde e fiocchi per i funerali e le lauree. Si vedono i cartellini scritti a pennarello e qualcuno che soppesa le labbra delle foglie lucidate al silicone.
Quando passo davanti a queste vetrine di fiori mercenari sento pesare la piccola scatola d'argento che porto al petto. E ricordo.
Successe che giugno tuonava e scendemmo nella gola dove ancora c'è il frantoio e la sua ruota fradicia e muscosa per il lungo abbandono. Tu strappasti un fiore e me lo porgesti ancora vivo.
Tremava, stupefatto d'essere ucciso.
E io sentii dentro di me schiumare la volpe e il cinghiale quando corrono nel grembo delle querce. Dietro un gemito lungo, i campanacci, i cani e un uomo scuro e il suo fucile.
Presi quel fiore ancora vivo. Tu col tempo te ne andasti, io lo conservo ancora nella sua bara d'argento ma non ricordo più perché.
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