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I fitoestrogeni

Creato il 10 settembre 2015 da Informasalus @informasalus

trifoglio rosso
Il trifoglio rosso è il più ricco di isoflavoni rispetto alla soia e rappresenta la più pregiata fonte di fitoestrogeni

La terapia ormonale sostitutiva, pur essendo ampiamente utilizzata, comporta un aumento dei rischi di neoplasie ginecologiche e non comporta protezione per il rischio cardiovascolare (come invece si credeva fino ad alcuni anni fa).
Con la terapia estrogenica orale si può avere aumento dell’insulino-resistenza, diminuzione dell’IGF-1, stimolazione del GH, stimolazione della leptina, aumento della massa grassa (sopprime l’ossidazione lipidica) e una diminuzione della massa magra (sopprime l’IGF-1).
La terapia estrogenica transdermica si è rivelata più efficace, non aumenta il rischio trombotico che si può avere con la terapia orale, non aumenta la leptina, ma aumenta l’adiponectina in modo significativo.
La terapia con isoflavoni si è rivelata molto promettente nelle donne in menopausa, anche in quelle affette da sindrome metabolica (MBS) in quanto gli isoflavoni diminuiscono il TNF-α. Questo effetto antinfiammatorio degli isoflavoni può essere molto importante nella modulazione immunitaria e nella prevenzione dell’osteoporosi e dei tumori.
Gli isoflavoni della soia e del trifoglio rosso hanno una struttura simile agli estrogeni endogeni, competono con il 17β-estradiolo (E2) per il legame con i recettori estrogenici (ERβ) ed esercitano quindi effetti regolatori. Quelli del trifoglio rosso, in particolare, hanno un’azione pro-β-estrogenica (effetti sull’apparato cardiovascolare e osteoarticolare) e anti-α-estrogenica (non interferiscono sulla ghiandola mammaria e l’utero). Inoltre, esercitano anche effetti non mediati dai recettori estrogenici attivando diverse vie, in particolare quelle regolate dai PPARs.
I principali e più studiati isoflavoni della soia sono:
Genisteina
Daidzeina
Gliciteina
La genisteina e la daidzeina attivano sia i PPARα (che controllano la trascrizione di molti geni coinvolti nel catabolismo lipidico), sia i PPARγ (che controllano l’espressione di geni coinvolti nella differenziazione degli adipociti e la sensibilità all’insulina). Questa attivazione combinata aumenta la β-ossidazione lipidica, la sensibilità all’insulina e riduce la concentrazione di lipidi nel fegato e nel sangue.
Alcuni studi condotti sull’uomo hanno evidenziato che gli isoflavoni riducono significativamente il colesterolo totale e l’LDL (colesterolo patogeno), ma non modificano l’HDL (colesterolo protettivo). Le proteine della soia, con o senza isoflavoni, migliorano significativamente il profilo lipidico e in particolare incrementano il colesterolo HDL sia nelle donne, sia negli uomini.
La flora intestinale influenza il metabolismo dei fitoestrogeni e studi condotti sui ratti hanno evidenziato che i probiotici associati con i fitoestrogeni accentuano gli effetti antilipolitici degli isoflavoni.
Il trifoglio rosso è il più ricco di isoflavoni rispetto alla soia e rappresenta la più pregiata fonte di fitoestrogeni.
Gli isoflavoni contenuti nel trifoglio rosso sono:
- Genisteina.
- Daidzeina.
- Biochanina A (ha effetti protettivi sui vasi sanguigni).
- Formononetina (favorisce la proliferazione degli osteoblasti).
La capacità legante ai recettori estrogenici di equivalenti quantità di trifoglio e di soia vede un rapporto di 45:1 in favore del trifoglio. Una delle componenti più importanti di questa diversa capacità di legame deriva dalla presenza nel trifoglio rosso di isoflavoni come “agliconi”. Come tali non necessitano di alcuna idrolisi enzimatica preliminare a livello intestinale e, una volta ingeriti, si ritrovano in circolo già dopo 15 minuti.
Per ulteriori approfondimenti su questo argomento si rinvia al testo Multidisciplinarietà in Medicina


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