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I generali e la nuova Turchia democratica

Creato il 16 settembre 2011 da Istanbulavrupa

(riproduco, allo scopo soprattutto di sollecitare commenti, qualche stralcio di un mio nuovo articolo di imminente pubblicazione sul settimanale il futurista - in vendita in edicola o per abbonamento - su di un tema già affrontato nel blog)

"Un terremoto a quattro stelle"(tte), ha titolato a fine luglio il quotidiano turco Sabah; ma in effetti, nonostante gli ingenui allarmismi che hanno trovato immediato e immeritato spazio sulla stampa italiana, si è trattato di una banale scossa di assestamento: una delle tante di uno sciame sismico che va avanti ormai da alcuni anni. Quella apparentemente definitiva, però. Quale terremoto? Quali stelle(tte)? Venerdì 29 luglio, alla vigilia del periodico vertice del Consiglio militare supremo (Yaş) in cui vengono decisi - insieme ai vertici civili - gli avanzamenti di carriera e le iniziative disciplinari, si sono dimessi in blocco il capo di stato maggiore delle forze armate turche (Tsk) Işık Koşaner e i comandanti dell'esercito, dell'aviazione e della marina.

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Molto rumore per nulla: il gesto estremo - invece di innescare una crisi - si è rivelato di estrema impotenza, più che un rilancio una resa; la catena di comando - nella massima tranquillità istituzionale e senza ulteriori segnali di sbandamento da parte delle forze armate - è stata infatti ristabilita nel giro di poche ore con la nomina a comandante dell'esercito e poi a capo di stato maggiore di Necdet Özel, fino ad allora comandante della gendarmeria: noto sostenitore di un ruolo esclusivamente operativo - e non più politico - dei militari.

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In Italia, alcuni commentatori - più o meno illustri - continuano a riproporre il mantra delle forze armate turche "garanti della laicità e della Repubblica di Atatürk", lamentando l'eliminazione di un "contro-potere" e paventando - a seconda dei casi e dei momenti - il rischio di una deriva autoritaria o di una strisciante islamizzazione messe in atto dall'Akp conservatore e d'ispirazione islamica: uno scenario fuorviante, costruito su di una lettura fortemente ideologizzata - che tradisce evidenti pregiudizi anti-islamici - di quanto sta accadendo in Turchia. I fatti dicono altro; e cioè, che le forze armate turche - non un contro-potere, ma un potere del tutto fuori controllo - hanno rappresentato un formidabile ostacolo al pieno sviluppo della democrazia: ostacolo che Erdoğan ha saputo invece tenacemente combattere e sostanzialmente neutralizzare.

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Le indiscrezioni suggeriscono innovazioni più sostanziali: la riduzione della durata del servizio militare, in futuro la professionalizzazione delle forze armate fino a cancellare la leva, il passaggio da quattro a due dei corpi d'armata con l'abolizione anche di quello di stanza nelle regioni egee (un segno di distensione verso la Grecia), la revisione in senso meritocratico del sistema delle promozioni, la ridefinizione dei compiti della gendarmeria, il ripensamento in chiave democratica dei corsi nelle accademie. Intervistato dal quotidiano Radikal, il vice-presidente dell'Akp Hüseyin Çelik ha dichiarato che è opportuno che sia lo stato maggiore a promuovere il processo di riorganizzazione: dal quale le forze armate turche uscirebbero rafforzate, più in linea con gli standard democratici e più adatte alle sfide del XXI secolo. Solo sicurezza, niente politica. Una riorganizzazione che appare ancor più necessaria dopo la diffusione via Internet a fine agosto di due discorsi di Işık Koşaner, la cui autenticità è stata confermata dal diretto interessato: che lo scorso anno si è indirizzato a gruppi di ufficiali - a porte chiuse, le registrazioni sono state fatte di nascosto - denunciando una colossale e criminale impreparazione - degli ufficiali, dei coscritti mandati allo sbaraglio - nella lotta contro il Pkk e gli errori del recente passato - ammettendo di conseguenza l'esistenza dei complotti contro l'Akp - nel voler contrastare in modo aggressivo e illegale gli esiti elettorali. Un atto di accusa micidiale: che dimostra come la magistratura e il governo Erdoğan - con buona pace dei suoi critici indefessi, anche italiani - abbiano agito per il meglio.

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