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I giornalisti e la legge della Sharia

Creato il 18 novembre 2015 da Alessandro Zorco @alessandrozorco

Islam è la religione, islamismo è l'ideologia politica. Musulmano, termine che significa "sottomesso", significa seguace dell'islam. Mentre la Sharia è la legge islamica, un codice di principi religiosi stabiliti dal Corano e dalla Sunna (i detti del Profeta) che però, se intesa in senso letterale, diventa anche la legge dello Stato islamico. E la Sharia, risalente al VII-VIII secolo, prevede pene come il taglio della mano per chi ruba, la lapidazione per le donne adultere, la legge del taglione e altre simili forme di giustizia sommaria. Le pene previste dalla Sharia sono applicate in pochi casi ma sono applicate, ad esempio nel Califfato Islamico in Siria, dai talebani afghani e in Arabia Saudita.

Queste importanti distinzioni lessicali sono state introdotte nel Glossario sull'Islam inserito nella versione aggiornata delle nuove linee guida per l'applicazione della Carta di Roma, appena messe online dall'Associazione Carta di Roma.

Le linee guida - scrive il giornalista Giovanni Maria Bellu nell'introduzione - sono un manuale tecnico-professionale per tutti i giornalisti italiani e stranieri che lavorano in Italia. Uno strumento di lavoro. Ogni professionista dell'informazione ha le sue idee politiche, le sue convinzioni etiche e religiose. Ma tutti hanno il dovere - come recita la legge istitutiva dell'Ordine - di "restituire la verità sostanziale dei fatti ".

Queste linee guida sono uno strumento quanto mai opportuno alla luce di quanto è stato scritto sui giornali all'indomani della strage Jihadista (questa, secondo le linee guida, è l'espressione lessicalmente più corretta per indicare chi combatte, per esempio, con il Califfato in Siria, avvenuta venerdì scorso a Parigi. Il termine "islamista" - si legge nelle linee guida - sebbene usato per indicare i movimenti integralisti (e a quello scopo è comunque più appropriato di "islamico") si riferisce all'islam politico che non è necessariamente jihadista.

La legge della Sharia

I giornalisti e la legge della Sharia
Le linee guida della Carta di Roma, offrendo al giornalista uno strumento di lavoro per riportare la "realtà dei fatti", fanno un tranciante distinguo tra la religione islam e l'ideologia islamista. Ma è effettivamente così? E' davvero questa la realtà dei fatti? Oppure è proprio l'impossibilità di distinguere tra l'aspetto religioso e quello politico della cultura islamica a rendere difficilissimo decifrare quanto sta avvenendo oggi nel mondo?

Per mettere alla prova le nuove linee guida della Carta deontologica di Roma possiamo partire dall'ultimo documento "choc" che sta circolando sul web: si tratta della video intervista realizzata dalla tv statunitense CBN News (Christian Broadcasting Network) al leader del gruppo Sharia4Belgium (che sta per "Sharia per il Belgio"), Fouad Belkacem, alias Abu Imran.

Sharia4Belgium - spiega il giornalista della CBN news - è un gruppo islamico minoritario che opera in una nazione, il Belgio, dove i musulmani sono ancora una minoranza. Eppure a Bruxelles i musulmani sono la comunità più numerosa e - afferma il cronista - ci si aspetta che in meno di vent'anni diventino la maggioranza assoluta.

Il gruppo "La Sharia per il Belgio" pare sia particolarmente agguerrito e - dice il giornalista presentando l'intervista - recentemente avrebbe usato urla e minacce per fermare in tv un dibattito con gli islamici moderati.

Nell'intervista Abu Imran dice di aspettarsi che "i musulmani avranno il potere in Belgio e comanderanno il mondo". " Noi crediamo che la Sharia avrà il dominio e verrà adottata in tutto il mondo" spiega, affermando che l'Islam e la Sharia non sono separabili e che la democrazia è sbagliata. " Non c'è alcuna differenza tra l'Islam e la Sharia. E' solo una questione di nome. La democrazia è l'opposto della Sharia e dell'Islam. Noi crediamo che il legislatore è Allah. Allah fa leggi ed è lui che ci dice cosa è permesso e cosa è proibito ".

Insomma secondo questo esponente di un gruppo minoritario in Belgio i musulmani democratici non sarebbero dei veri musulmani " E' veramente bizzarro sentire qualcuno che dice: "Ho parlato con un musulmano democratico". E' come dire di aver parlato con un cristiano ebreo o con un ebreo musulmano. Come puoi incontrare un ebreo musulmano o un musulmano ebreo? Un musulmano che dice di essere contro la Sharia non è musulmano. Questa non è una cosa possibile ".

In Belgio - si racconta nel servizio - è in corso una guerra culturale contro l'Islam (la moschea di Charleroi è stata dissacrata con il disegno di una testa di maiale su un muro) ma l'Islam sta reagendo con forza. Ci sono stati assalti a delle ragazze perché erano vestite solo con un bikini, sono stati colpiti simboli cristiani ed ebraici con atti vandalici simili a quelli avvenuti in Siria. Nei quartieri di Bruxelles a prevalenza musulmana pare sia stata già instaurata la legge della Sharia.

Nello stesso servizio della CBN News lo scrittore Sam Van Rooy, che ha recentemente pubblicato un libro in olandese che si intitola " Islam, saggi critici su una religione politica", spiega che " le grandi città europee sono il luogo in cui possiamo vedere già ora cosa accadrà quando i musulmani saranno la maggioranza. L'Islam - prosegue - è una ideologia fascista e non una religione come il cristianesimo o l'ebraismo. Il pericolo è che include un aspetto religioso. Non è come il Comunismo e il Nazismo, che erano solo ideologia. L'Islam contiene entrambi gli aspetti ".

Il gruppo "La Sharia per il Belgio" - per quanto minoritario - si dice nel documentario - vorrebbe rimpiazzare le leggi del Belgio con la Sharia, anche le amputazioni per i ladri, la lapidazione delle donne per adulterio e la condanna a morte per gli omosessuali.

Eppure l'ipotesi dell'introduzione della Sharia in una nazione così vicina alla nostra come il Belgio, che a molti potrebbe sembrare un'idea assolutamente balzana, pare invece sia verosimile perché, spiega il servizio della CBN News, l'altissimo tasso di natalità tra i musulmani che vivono nel Paese sta cambiando lo scenario politico. Da quattro anni Mohammed è il nome più comune per i bambini che nascono a Bruxelles e nella città belga di Anthworp già adesso oltre il 40% dei bambini nelle scuole sono musulmani. Nel frattempo sempre più belgi stanno lasciando Bruxelles e il Paese.

Insomma è una questione di tempo: il servizio afferma che addirittura entro il 2030 in Belgio ci sarà una maggioranza musulmana. " Se vogliono fermarci e ricacciarci indietro - dice il leader del gruppo "La Sharia per il Belgio" - potrebbero iniziare ad avere quattro mogli e avere un sacco di bambini. Se fanno una cosa del genere, forse avrebbero una possibilità. Ma non credo che accadrà. La vittoria di Allah è molto vicina. Quindi penso che gli occidentali si debbano preparare a un'onda di Sharia e di Islam ".

Tornando al nostro mestiere di giornalisti che devono fare la cronaca e raccontare la verità su quello che sta avvenendo in questo periodo difficilissimo, come dobbiamo considerare un servizio di questo genere?

Liquidarlo come una bufala? Oppure dargli ampio spazio per seminare il terrore?

Personalmente pongo una domanda: stanti dichiarazioni di questo genere fatte da un esponente musulmano che non sembra da ascrivere al Califfato dell'Isis, si può davvero pensare ancora di distinguere tra l'aspetto religioso e quello politico dell'Islam? E con dichiarazioni come queste si può ancora accettare chi vorrebbe ripopolare le zone spopolate dell'Italia e della Sardegna con una iniezione famiglie di migranti quando in Italia la popolazione sta diminuendo perché si impedisce ai ragazzi di progettare una famiglia?

La verità che dobbiamo e vogliamo raccontare non è fatta solo della forma e delle parole corrette che la Carta deontologica di Roma impone ai giornalisti. La verità che dobbiamo e vogliamo raccontare - come giustamente afferma Giovanni Maria Bellu - deve essere soprattutto sostanziale. Per questo dobbiamo guardare ai fatti con sincerità e onestà intellettuale. Senza pregiudizi e perbenismi di maniera. E soprattutto senza avere paura.

I giornalisti e la legge della Sharia

Alessandro Zorco è nato a Cagliari nel 1966. E' sposato e ha un figlio. Laureato in Giurisprudenza è giornalista professionista dal 2006. Ha lavorato con L'Unione Sarda e con Il Sardegna (Epolis) occupandosi prevalentemente di politica ed economia. E' stato responsabile dell'ufficio stampa dell'Italia dei Valori Sardegna e attualmente è addetto stampa regionale della Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa. Dall'aprile 2013 è vicepresidente regionale dell'Unione Cattolica Stampa Italiana e dal 2014 è nel direttivo del GUS Sardegna.


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