Magazine Libri

I giorni senza scrittura

Da Anima Di Carta
I giorni senza scrittura Non è un periodo facile, per tutta una serie di ragioni che non vi sto a elencare. Le poche energie e la mancanza di tempo a disposizione mi hanno portato a riconsiderare le priorità, ricollocare ogni attività e accantonare ciò che è di minore importanza. E sarebbe stato prevedibile relegare a un ruolo secondario anche la scrittura, ma le cose non sono andate in modo così scontato.
La verità è che la situazione attuale mi ha fornito un'ottima motivazione per prendermi una pausa e cedere a un momento di avvilimento che ho cominciato a vivere alcune settimane fa. Ho cominciato a interrogarmi sulla mia scrittura, sono stata assalita da forti dubbi e ho cominciato ha valutare la possibilità di smettere di scrivere.
Mi sono guardata indietro e ho visto anni di sforzi e tanto lavoro, con pochissimi frutti. Mi sono sentita una delle tante persone che inseguono la passione per la scrittura con un bilancio sostanzialmente passivo (e non sto parlando di soldi, ovviamente). Uno dei tanti illusi. Con questo bagaglio di sfiducia e demotivazione addosso ho pensato che un periodo senza scrittura non sarebbe stata una tragedia, anzi che forse mi avrebbe aiutata a prendere le distanze e capire cosa fare.
Ma come dicevo le cose non sono andate nel modo che avevo previsto. La concreta mancanza di tempo dovuta a fattori esterni e i tanti pensieri per la testa invece di allontanarmi dalla scrittura mi hanno riavvicinato a essa. Ho scoperto che scrivere mi mancava in un modo viscerale, intenso e doloroso.
Ho preso atto che a una parte di me non interessano affatto i risultati, vuole scrivere e basta. Ha qualcosa da raccontare, da esprimere. Qualcosa che preme per uscire e che non è possibile soffocare. Se affiorano scene e parole mentre sei impegnato a fare altro, è il segno che non puoi decidere di smettere di raccontare storie quando ti pare.
C'è stato poi un secondo evento che mi ha obbligato a fare i conti con la mia scrittura. La chiacchierata con un editor sul mio precedente romanzo (inedito), che mi ridato fiducia in me stessa e in quello che produco. Ne sono uscita pensando: "Ma davvero vuoi buttare all'aria tutto il lavoro che hai fatto?" No, non voglio. Perché dopotutto credo ancora nelle mie storie, nei miei personaggi, credo ancora che possano trovare dei lettori. È stata una ventata di positività sentirmi dire che avevo fatto un buon lavoro, accidenti non ne abbiamo bisogno tutti ogni tanto di sentirci dire che siamo bravi?!
Scrivere è un piacere, è divertente, è vero. Ma non è sempre così. O meglio, ci sono aspetti che ruotano intorno alla scrittura che sono pesanti, faticosi, avvilenti, che ti fanno venire voglia di mandare tutto all'aria e dire "Chi me lo fa fare?". Eppure, basta che una sola persona ti dica che ha apprezzato quello che hai scritto, che gli ha comunicato qualcosa, e ti accorgi che ne valeva la pena. 
Da una parte verrebbe da pensare che scrivere risponde a un'esigenza interiore e personale. Il famoso scrivere per se stessi. Dall'altra, credo che continuare ad affermare che scrivo solo per per me stessa sia ridicolo. Non è vero, sento il bisogno di condividere con altri ciò che creo, scrivo per farmi leggere, fosse pure meno lettori dei venticinque ipotizzati da Manzoni. 
Ho preso atto che la mia paura più grande, in questo ambito, è proprio quella di non riuscire a raggiungere i lettori. Il resto conta poco.
Un terzo evento, poi, ha contribuito a farmi pensare che non sono affatto pronta a mollare. Ho cominciato (del tutto per caso) a leggere un libro sulla scrittura, di cui vi parlerò quando lo avrò terminato. L'interesse che ha risvegliato in me l'autrice è stato abbastanza significativo ai miei occhi: ho ancora una grande voglia di migliorarmi, conoscere e studiare tecniche.
Dunque, per ora continuerò a scrivere. In futuro, chi lo sa.

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog