
Diventa palese il fatto che la società non aiuta a diventare adulti, sembra quasi che lo status di giovane tardi nel tempo a lasciare il passo allo status di adulto, la possibilità di ottenere altre qualificazioni sociali, come un lavoro, una famiglia, e responsabilità si raggiungono tardivamente e dunque i giovani restano avvinghiati nella ragnatela virtuale.
Ecco dunque focalizzato il problema: lo stazionamento in quel limbo virtuale e la conseguente cultura appresa attraverso il web. La cultura dell’apparire e non dell’essere, l’identità del giovane è proclamata apertamente nell’abbigliamento, nel linguaggio, e nello stile estetico. Sembrerebbe poca sostanza… a volte gli atteggiamenti, nel caso dei giovani, raccontano perfettamente il loro modo di vivere; una foto sul web di alcuni ragazzi seduti al museo Louvre intenti a smanettarecon gli smartphone; voglio credere che quello possa essere stato solo un momento tedioso nel quale quei giovani studenti abbiano trovato un buon metodo per riprendersi, voglio credere che quella foto sia frutto di un photoshop, tra l’altro non ne ho verificato l’autenticità, ma questo è stato solo l’input per prendere in esame un problema sociale: tutti, esattamente tutti, grandi e piccini, sembrano bloccati con questi cellulari che a livello quantitativo accumulano più ore spese a navigare che a leggere un libro, fare un’uscita, rendere utile quel tempo.Gli appassionati del web avranno dalla loro parte tanti buoni motivi per dire che la condivisione sociale ha anche degli aspetti positivi, i giovani condividono infatti per esempio senza grosse difficoltà compiti, ricerche, ma quel tempo recuperato in realtà si perde in un secondo momento. Lo sguardo assente è a volte fruitore di risposte, ed è dura far cambiare loro atteggiamento; sembrano persi nella loro ricerca d’identità, la perdita dei valori, delusioni e illusioni continue rendono il giovane disorientato ma allo stesso tempo pensano di essere padroni del mondo perché i loro desideri sono facilmente raggiungibili, la famiglia infatti spesso assalita dalle preoccupazioni di far quadrare i contisono a loro volta disorientati e i giovani restano impantanati nella favola del web non riuscendo ad identificare ciò che è male e ciò che è bene. Una foto così su Instagram diventa misuratore della loro soddisfazione, un like su Facebook con le conseguenti scelte fotografiche di adolescenti seminude diventano i post più cliccati… senza contare quei giovani che vedendo una risorsa di guadagno sul web si attivano per esempio creando un blog dove fanno dell’omofobia il cavallo di battaglia degli articoli; un caso di questi giorni, quello di uno studente catanese che diventa un falso giornalista di notizie inventate a tavolino e che attraendo un trend del nostro tempo, la guerra all’immigrato, riceveva sempre più click e come tale sempre più guadagni. Perché la realtà è che il web strumentalizza il giovane, sembra quasi che si possa restare immuni da tutto e nello stesso tempo che si possa rimanere liberi di agire senza subirne conseguenze; il web è quel parco divertimenti senza regole né gestori. Se ne può parlare all’infinito ma io ultimamente vedo sorgere più problemi che risorse nell’utilizzo di questo magico strumento…Barbara Filippone