I giurati di Creep Advisor
Il concorso Creep Advisor vi è già stato presentato (QUI trovate il bando completo), ma quello che non sapevate è che a selezionare i testi sarà una giuria d’eccezione. Abbiamo scelto per voi sette autori di storie dell’orrore, uno più interessante dell’altro!
Ve ne presenteremo uno alla volta.
Dopo Danilo Arona, Diego Di Dio e Alain Voudì, proseguiamo con:
SERGIO ORICCI
Sergio Oricci è nato in Toscana nel 1982. Ha scritto due romanzi (Gioie e sapori, Fame – editi da I Sognatori) e diversi racconti (La stanza, Una donna con personalità, Il posto più scomodo – apparsi sulla rivista Altrisogni). Vive a Firenze.
Ho avuto il piacere di leggere la sua opera prima “Gioie e sapori” e mi sono innamorata della sua scrittura, a tratti dissacrante ed estremamente scorrevole. Un modo di scrivere horror che mi ha ricordato un po’ lo stile di King. Ho pertanto richiesto la sua presenza come giurato, anche se come autore non è un assiduo frequentatore di forum e portali letterari. Trovo che abbia tutte le capacità per giudicare i racconti che giungeranno in redazione. E sono davvero contenta di poterlo intervistare.
I suoi ultimi lavori:
- L’enigma del vetro
Titolo: L’enigma del vetro
Autore: Sergio Oricci
Editore: Libromania
Formato: ebook
Prezzo: 3,99 euro
Trama:
Firenze è caduta nelle mani di un regime totalitario.
L’unica opposizione è una fazione clandestina: un gruppo di ragazzi e ragazze impegnati in una lotta quotidiana per la sopravvivenza sotto gli occhi di uno spettatore enigmatico e senza identità.
Grazie a un misterioso artefatto di vetro, il giovane spettatore può comunicare con i ribelli ed evadere dalla sua deprimente realtà.
Due storie parallele destinate a incontrarsi nella sfida finale.
- Bianco Shocking
Titolo: Bianco Shocking
Autore: Sergio Oricci
Editore: 20090, collana Miyagawa
Formato: cartaceo
Prezzo: 8 euro
Trama:
“Ma da un momento all’altro voi siete diventati voi e io sono rimasto io. Mentre prima eravamo noi”.
Pietro è ossessionato dalle facce. Ha la casa tappezzata di fotografie che ritraggono i suoi soggetti preferiti: persone distrutte dalla droga, suicidi.
Quando diventa necessario cercare dei coinquilini, la prima preoccupazione è quella di trovare qualcuno che non si faccia spaventare dalla sua passione. Alla fine trova Anna, ragazza completamente bianca, di un bianco che acceca.
Poi arriveranno Giorgio, un “senzafaccia”, e la sua compagna Marta, artista che dipinge ogni giorno un’espressione diversa sul volto.
I quattro, per vivere, decidono di organizzare uno spettacolo itinerante nel quale mettere in scena le proprie stranezze. Presto Pietro capirà di essere l’anello debole dello spettacolo. La sua stranezza non è abbastanza particolare perché gli altri l’accettino.
Con la compostezza della sua scrittura, Sergio Oricci delinea senza scomporsi personaggi e situazioni da choc e ci convince alla fine che spesso la normalità rende più soli della diversità.
Bianco shocking è un romanzo breve e intenso, sottilmente angosciante senza mai scadere nell’effetto facile.
Intervista
Ecco, dunque, l’intervista che abbiamo fatto noi di È scrivere e le risposte di Sergio:
1) Domanda di rito che stiamo ponendo a tutti i nostri giurati. Recentemente sul nostro forum ci siamo chiesti: da dove nascono le idee?
Neil Gaiman, in questo articolo parla di confluenza e sogni a occhi aperti.
Ora questa domanda la giriamo a te: da dove pensi nascano le idee? E, soprattutto, da dove nascono le tue?
Nascono da un dettaglio che non mi lascia in pace, da una situazione, un’immagine che scaturisce come mille altre e che poi però inizia a diventare sempre più presente, fino a essere quasi un pensiero ossessivo. A un certo punto devo mettere su carta le idee che spingono con più forza, perché in astratto sembrano tutte interessanti, ma soltanto quando inizio a scrivere mi rendo conto di quali lo siano davvero. Alla fine le butto quasi tutte.
2) Quando potremo leggere l’ultimo volume della trilogia iniziata con “Gioie e sapori”? Ora che la casa editrice I Sognatori è mutata in Factory Editoriale potremo mai vedere il terzo capitolo della saga o dobbiamo accontentarci dei primi due?
Non faccio più parte della Factory Editoriale I Sognatori, e in questo momento preferisco dedicarmi a nuovi progetti. Per adesso non credo di avere qualcosa da aggiungere alla saga di “Gioie e sapori”, ma in futuro potrei anche rimetterci le mani, magari riscrivendo i primi due capitoli, prima di iniziarne un terzo.
3) Parlaci un po’ degli ultimi tuoi lavori “L’enigma del vetro” e “Bianco Shocking”, due romanzi molto diversi tra loro.
Sono molto diversi, è vero. Forse perché la prima stesura dell’enigma del vetro è stata scritta tra il 2011 e il 2012, e il romanzo per arrivare alla sua forma definitiva è passato attraverso diverse riscritture, mentre Bianco Shocking è l’ultima opera che ho terminato, ed è anche la mia preferita, ma è solo una mia opinione che vale meno di quella di un lettore qualsiasi.
L’enigma del vetro è un fumettone che mischia fantasy, fantascienza e horror, pieno di citazioni e di riferimenti alla cultura pop. È un romanzo in cui la storia è l’elemento fondamentale. Mi piace definirlo come una mia personale versione punk del romanzo “La storia infinita” di Michael Ende. So che prima o poi, da qualche parte, pagherò le conseguenze di questa affermazione.
Bianco Shocking invece credo sia meno accessibile, e sicuramente più triste. Nel racconto non succede moltissimo, e tutto ruota intorno al precario equilibrio tra i personaggi, ognuno con le proprie nevrosi e ossessioni. Nel libro parlo di rapporti umani in modo più personale. Bianco Shocking è il racconto che sento più mio, ma è anche l’unico che riesco a leggere come se fosse stato scritto da qualcun altro. Non so se sia un bene o un male.
4) Nei tuoi libri si può notare spesso una fusione fra cibo e trame/personaggi (sia in “Gioie e sapori” che in “Fame”, ma anche nel recentissimo “Bianco Shocking” troviamo delle descrizioni che stimolano gusto e olfatto). Si tratta di una scelta consapevole, quella di voler dare un sapore alle varie situazioni, o è un tipo di scrittura che ti sorge spontaneo?
Non è una questione che riguarda la narrativa. Il cibo è importante. È in relazione strettissima con il corpo. Lo può modificare, deformare, stravolgere in un senso o nell’altro. Ti rende felice, può consolare, ma anche deprimere in modo profondo.
5) Che rapporto ha, per te, l’immaginario orrorifico con la realtà? Per per quale motivo hai scelto di scrivere horror?
Il motivo è che mi diverte. Non dovrei dirlo, perché l’horror dovrebbe spaventare. Ma quando scrivo horror, finisce sempre con un risultato più “leggero” rispetto a quello che viene fuori quando scrivo altro.
Trovo che l’horror che si prende sul serio sia tremendamente noioso, e che non funzioni. Quindi quando ho bisogno di scrivere per divertirmi, seguo il consiglio di Richard Laymon (e di Wes Craven) e urlo “più sangue!”, anche quando ce n’è già più del necessario.
6) Quando scrivi utilizzi una scaletta o lasci che sia la storia a proseguire il suo corso, senza schemi?
Il metodo è sempre diverso. Dipende da cosa sto scrivendo. A volte ci può essere molto da lavorare sul linguaggio, altre sulla documentazione, altre ancora sulla struttura o sulla storia vera e propria. In realtà c’è sempre da lavorare su tutti questi aspetti, ma l’approccio e le priorità cambiano continuamente. Comunque una scaletta in testa c’è, ma resto aperto a modificare anche le poche certezze che ho all’inizio.
7) Anche questa è una domanda di rito che stiamo ponendo a tutti i nostri giurati: quali sono, secondo te, gli accorgimenti da seguire per scrivere una buona storia horror? Dai qualche consiglio agli autori che intendono partecipare al nostro concorso.
Leggete molto. Non necessariamente horror, o comunque non solo. I classici vanno benissimo, ma non bastano. Ricordatevi che, nel momento in cui iniziate a battere sulla tastiera, state producendo narrativa contemporanea, che verrà letta – si spera – da vostri contemporanei. Questo vale per qualsiasi cosa si voglia scrivere.
Per quanto riguarda l’horror nello specifico, io mi terrei lontano dalle figure “tradizionali” del genere. È molto difficile gestirle senza cadere nei soliti luoghi comuni. Ma in fondo è un luogo comune anche questo, adesso che ci penso.
Ringraziamo di cuore Sergio per essersi reso disponibile a collaborare al nostro progetto!