Il corallo, denominazione comune del Corallium rubrum, si trova diffuso tra il Mar Mediterraneo e l’Atlantico orientale e da sempre affascina gli uomini di tutte le ere per la sua particolare forma ramificata e il suo colore intenso e brillante che va dal rosso all’arancio, dal rosa al bianco. Il termine corallo deriva probabilmente dal greco koràllion che indica uno “scheletro duro”. Di questo elemento che negli anni ha assunto simbologie varie, ci racconta anche Ovidio ne Le metamorfosi (IV, 740 – 752), che, calcando la strada dell’eziologia, ci testimonia che le sue origini risalirebbero addirittura ai mitici Perseo e Medusa; infatti l’eroe, dopo aver sconfitto la terribile Gorgone decapitandola, portò con sé la sua testa per pietrificare il mostro che avrebbe ucciso la sua amata Andromeda. Secondo il racconto dell’autore, il corallo rosso sarebbe nato dal sangue di Medusa: dal contatto del suo capo con le onde del mare sgorgò infatti una schiuma che fossilizzò delle alghe facendole diventare rosse. Anche nell’arte, soprattutto durante il Medioevo, il corallo ha goduto di grande fortuna. A testimonianza di questo ci sono le celeberrime opere di Piero della Francesca, come la Pala di Brera o la Madonna di Senigallia, in cui il corallo è sempre indossato dal Bambino Gesù; o ancora in Masaccio, ne La Madonna del Solletico, e in Vasari in Perseo e Andromeda.
Come già detto, il corallo è stato caricato di diverse simbologie: dapprima come amuleto di valore apotropaico per i neonati, per allontanare la negatività ed il malocchio; poi, per il suo colore rosso, come simbolo di Cristo, difatti è stato più volte usato per la realizzazione di ostensori e altri oggetti sacri. Proprio per celebrare questo alchemico elemento la Fondazione Puglisi Cosentino ha allestito, in collaborazione con la Fondazione Roma Mediterraneo, la mostra “I grandi capolavori del Corallo” dal 3 marzo al 5 maggio nella splendida cornice del prestigioso Palazzo Valle in pieno centro a Catania. L’evento della primavera 2013 per la città etnea. L’esposizione è stata curata da Valeria Li Vigni, direttrice del Museo Pepoli di Trapani che, insieme a Vincenzo Abbate e Maria Concetta Di Natale ha realizzato anche l’allestimento del catalogo. Protagonisti assoluti della mostra sono gli straordinari capolavori dell’antica arte del corallo praticata in Sicilia, riuniti per la prima volta in un’unica grande esposizione. Oggetti di arte religiosa si intrecciano con elementi profani. Si tratta di suppellettili che ci testimoniano la grande maestria di artisti, orafi, scultori e artigiani attivi nell’isola tra il XVII e XVIII secolo soprattutto a Trapani.
Proprio questa città infatti è stata il maggiore centro di pesca e lavorazione del prezioso materiale, basti pensare che alla fine del 1600, vi erano attive più di quaranta botteghe dedite alla produzione di oggetti liturgici come crocifissi, ostensori, reliquiari, presepi, acquasantiere, calici, capezzali, rosari e vesti liturgiche commissionate dai ricchi esponenti del clero di tutta Europa. Venivano prodotti anche cornici, forzieri, monetieri, scrigni, bijoux ed elementi di arredamento come specchiere, tavoli da gioco, trumeaux, destinati ad abbellire case principesche o a essere donati ai maggiori Capi di Stato del mondo. Gli oggetti esposti provengono sia da collezioni private italiane e straniere che pubbliche, come quelle storiche della Banca Popolare di Novara, del Museo Pepoli di Trapani, della Fondazione Whitaker di Palermo e del Museo Diocesano di Monreale. La mostra risulta abbastanza interessante per la presenza di alcuni pezzi in cui si manifesta in tutta la loro bellezza, la finezza dei particolari e il dettaglio curatissimo nell’insieme dell’opera, segno della grande capacità degli artisti di sapere intagliare il corallo. Da annoverare tra gli elementi di spicco dell’esposizione, certamente gli oggetti in cui è presente il connubio tra corallo, pietre preziose, avorio, madreperla e ambra.
Al contrario, poco spazio è stato offerto invece a oggetti profani come i bijoux, a cui noi donne siamo particolarmente affezionate; mancavano infatti le maestose ed elaborate creazioni con corallo di anelli, collane, orecchini che potessero competere con quelli prodotti a Torre del Greco e in altre parti della Campania. Tuttavia resta comunque alla mostra il pregio di aver dato lustro anche a oggetti in cui il corallo non si pensava nemmeno potesse essere adoperato, tipo vesti liturgiche, scrittoi e forzieri. Apprezzabile anche il fatto che la mostra abbia aperto le porte alle scolaresche che, dopo il percorso espositivo, possono visionare anche un video in cui vengono spiegate le fasi di pesca e lavorazione dei coralli della nostra zona. Un altro elemento suggestivo e di sicuro impatto, è stato l’ascolto, nel silenzio della sala, del suono del mare e dell’acqua che zampilla in sottofondo, accompagnato all’immagine, proiettata sulla parte, dell’oceano con le sue creature e i suoi meravigliosi colori. Insomma, il successo della mostra è indiscusso e sta registrando la presenza di numerosi visitatori provenienti non solo dall’estero ma anche da diverse zone d’Italia; ma per chi dovesse perdersela non c’è da disperare, perché la buona notizia è che dopo la tappa catanese, ci si sposterà al Museo Pepoli di Trapani, dal 18 maggio fino al 30 giugno.